Sempre più persone, in tutto il mondo, decidono di lasciare il proprio lavoro per le ragioni più disparate. Si tratta di un fenomeno ormai consolidato, che ha anche un nome ben definito: “Great Resignation”.
Questo termine è stato utilizzato per la prima volta negli Stati Uniti, ma negli ultimi anni ha avuto una portata globale. Proprio a causa della sua diffusione non può più essere considerato una novità. Al contrario, va affrontato e trattato come una delle principali sfide che le aziende devono affrontare oggigiorno.
Più di un lavoratore italiano su due, infatti, sta cercando un nuovo posto di lavoro o inizierà a farlo. Lo confermano due delle principali indagini condotte da Randstad: il Workmonitor e l’Employer Brand Research.
Le motivazioni di questo “esodo” silenzioso sono molteplici. Dall’incapacità del proprio datore di lavoro di soddisfare le ambizioni professionali alla scarsa flessibilità, passando per la mancanza di corrispondenza tra i propri valori e quelli aziendali.
Vediamo allora che cos’è esattamente la Great Resignation, quali sono i numeri in Italia e le possibili cause all’origine di tale fenomeno.
indice dei contenuti:
- che cos’è la great resignation?
- i numeri del fenomeno
- l’impatto sulle aziende e le azioni di contrasto
- il fenomeno delle grandi dimissioni nella percezione dei lavoratori
- perché la gente si dimette? le ragioni alla base della great resignation
- come arginare il fenomeno della great resignation
- conclusioni e consigli pratici
ricerche e insight HR: la nostra selezione di ricerche, insight, approfondimenti e case study sul mondo del lavoro.
scopri le ricercheche cos’è la great resignation?
Come già accennato, la Great Resignation è un fenomeno in crescita. Sempre più persone decidono di rassegnare le dimissioni dal proprio impiego. Questo esodo è alimentato da una varietà di motivazioni, principalmente legate a un senso di insoddisfazione e alla ricerca di nuove opportunità di crescita.
In particolare, sono i giovani della generazione Z a guidare questo cambiamento, poiché sempre più spesso preferiscono anteporre la propria felicità personale alla sfera lavorativa.
La ricerca HR Trends & Salary Survey di Randstad Professionals conferma questa tendenza, rilevando un aumento delle dimissioni nelle aziende con una popolazione giovane. Gli addetti alle risorse umane associano questo fenomeno al desiderio dei giovani di cogliere nuove e migliori opportunità, anche in contesti internazionali, piuttosto che ad un sostanziale ripensamento del loro stile di vita.
Secondo i risultati dell'Employer Brand Research, invece, il motivo principale per lasciare un datore di lavoro sarebbe una retribuzione troppo bassa rispetto al costo della vita, come indicato dal 40% dei partecipanti.
Al secondo posto, con il 36% delle preferenze, si colloca la ricerca di un migliore equilibrio tra vita lavorativa e vita privata.
Al terzo posto, con il 28% delle preferenze, sono menzionati la mancanza di opportunità di crescita professionale e l'aspirazione a un'offerta lavorativa migliore rispetto a quella attuale.
i numeri del fenomeno.
La Great Resignation è un fenomeno che sta assumendo dimensioni significative, sia a livello mondiale che in Italia. Secondo quanto emerso dal Randstad Workmonitor, il 29% dei lavoratori italiani starebbe cercando attivamente un nuovo impiego.
A livello globale, il nostro Paese è al terzo posto della classifica rispetto a questo indicatore.
great resignation in Italia.
A trainare la Great Resignation, come anticipato, sono i lavoratori più giovani. La percentuale di lavoratori che sta cercando un nuovo impiego, infatti, sale al 38% se si considera solo la fascia d’età compresa tra i 25 e i 34 anni.
Ancora più significativo è il coinvolgimento della generazione Z, composta da coloro nati tra la seconda metà degli anni '90 e i primi anni del 2010. Il 36% dei dipendenti ha già lasciato il proprio lavoro, principalmente a causa dell'incompatibilità con la propria vita privata.
Se si considera la fascia di età compresa tra i 18 e i 34 anni, la percentuale sale addirittura al 51%. Il 38% dei lavoratori italiani ha dichiarato che sarebbe disposto a lasciare il proprio lavoro se questo interferisse con il godimento della vita. La percentuale supera il 50% tra i lavoratori tra i 18 e i 25 anni.
Un altro dato rivelatore del cambiamento di prospettiva e priorità è il fatto che il 23% dei dipendenti preferirebbe essere disoccupato piuttosto che essere infelice sul lavoro, percentuale che sale al 34% nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni.
L'indagine condotta nell'ambito della ricerca HR Trends & Salary Survey conferma l'aumento del fenomeno della Great Resignation in Italia. Negli ultimi 12-18 mesi interessa il 44% delle aziende e coinvolge in larga misura i lavoratori della generazione millennials, che rappresentano il 76% del totale. Le principali cause dell’interruzione dei rapporti di lavoro includono
-
l'insoddisfazione (47%)
-
la demotivazione (34%)
-
la mancanza di condivisione degli obiettivi (30%).
Le condizioni di lavoro non soddisfacenti hanno quindi un grande impatto sulla possibile decisione di ricercare un nuovo lavoro.
l’impatto sulle aziende e le azioni di contrasto.
Le dimissioni volontarie legate alla Great Resignation stanno avendo un impatto significativo sul mantenimento dei livelli di performance aziendale e stanno generando ripercussioni anche sul clima interno delle aziende, come evidenziato dall'HR Trends & Salary Survey. Alcune delle principali conseguenze includono:
- un sovraccarico di lavoro (32%)
- il desiderio di emulazione (18%)
- la perdita dei punti di riferimento (18%)
- la demotivazione (17%).
Di conseguenza, il 70% delle aziende che hanno sperimentato un aumento delle dimissioni volontarie ha intrapreso azioni per trattenere le risorse umane. Tra le azioni messe in atto vi sono:
- percorsi di formazione e sviluppo delle competenze (30%)
- momenti di ascolto e condivisione delle problematiche (29%)
- un'attenzione maggiore alle relazioni interne (27%)
- passaggi di ruolo o cambi di mansioni (25%).
Tuttavia, è importante notare che, nel 51% dei casi, queste azioni sono state ritenute allineate alle trasformazioni del mercato. Al contrario, nel 42% dei casi tali iniziative hanno coinvolto solo alcune risorse, mentre solo nel 21% dei casi la maggioranza dei dipendenti ne ha beneficiato.
Anche i risultati dell'Employer Brand Research hanno confermato l'importanza dei percorsi di sviluppo professionale e delle offerte di miglioramento delle competenze da parte dei datori di lavoro, con il 82% degli intervistati che ritiene queste iniziative importanti. Tuttavia, solo la metà degli intervistati si è dichiarata soddisfatta dell'offerta della propria azienda attuale.
il fenomeno delle grandi dimissioni nella percezione dei lavoratori.
Il fenomeno delle grandi dimissioni è percepito in modo diverso dai candidati a seconda della loro fascia d'età. Secondo l’HR Trends & Salary Survey, i giovani sotto i 40 anni si identificano direttamente con questo fenomeno e spesso affermano che la decisione di cambiare lavoro è stata motivata dalla ricerca di crescita professionale e dal desiderio di rimettere insieme “i pezzi della propria vita” in modo diverso.
D'altra parte, i candidati più maturi, sopra i 40 anni, osservano il fenomeno da una prospettiva più esterna, limitandolo ai colleghi più giovani, senza sentirsi direttamente coinvolti. Allo stesso tempo, riconoscono l'importanza potenziale del fenomeno in termini di impatto, anche sulla propria azienda, con la perdita di talenti importanti. Sottolineano, inoltre, le crescenti difficoltà nell'assunzione di nuove figure come conseguenza di questa tendenza, talvolta anche nel loro ruolo di manager di team.
Per i candidati, le azioni messe in atto dalle aziende per contrastare il fenomeno delle grandi dimissioni sono le seguenti:
- Aumento della retribuzione (12%)
- Maggiore attenzione alle relazioni interne (10%)
- Passaggi di ruolo o cambi di mansione (10%)
- Percorsi di formazione e sviluppo delle competenze (10%)
- Momenti di ascolto (10%)
Una percezione confermata anche dai risultati dell’altra indagine Randstad, l'Employer Brand Research. Secondo gli intervistati, infatti, i datori di lavoro attuali stanno puntando principalmente
- sulla solidità finanziaria
- sull'ubicazione comoda dell'ufficio
- sulla sicurezza del posto di lavoro a lungo termine.
Tuttavia, questi aspetti non sono allineati a pieno con le reali aspettative dei dipendenti, i quali ritengono che il focus dovrebbe essere principalmente su un buon work-life balance, seguito da un'atmosfera di lavoro piacevole e da retribuzione e benefit interessanti.
perché la gente si dimette? le ragioni alla base della great resignation.
Le dimissioni dei dipendenti sono influenzate da diverse motivazioni.
Le ragioni economiche giocano ovviamente un ruolo significativo, specialmente in Italia, dove solo il 19% dei lavoratori ha ricevuto un aumento di stipendio nell'ultimo anno. Il nostro Paese al penultimo posto a livello globale in questa speciale classifica. Secondo l'Employer Brand Research, ben il 40% dei dipendenti ha lasciato o prenderebbe in considerazione di lasciare il proprio datore di lavoro a causa della retribuzione, dato l'aumento del costo della vita.
La situazione peggiora ulteriormente per quanto riguarda la distribuzione dei benefit, l’Italia si colloca all’ultimo posto in questa speciale classifica.
I lavoratori italiani sono anche tra i meno agevolati in termini di flessibilità e smart working. Ad esempio, il 62% non ha la possibilità di scegliere le proprie ore di lavoro. Mentre il 60% non può decidere dove lavorare e il 50% non ha il controllo sul quando lavorare.
Oltre a queste motivazioni, ci sono cause più profonde che alimentano la Great Resignation. Esaminiamo nel dettaglio le principali ragioni.
ruolo dell’azienda.
Il fenomeno delle grandi dimissioni volontarie è principalmente attribuibile all'incapacità delle aziende di soddisfare appieno la realizzazione personale dei dipendenti, in particolare tra i giovani.
-
Per il 49% degli intervistati, il lavoro non offre uno scopo reale
-
il 60% ritiene che la vita privata sia più importante di quella professionale
-
inoltre, il 53% del campione ha affermato che, se avesse l'opportunità, sceglierebbe di non lavorare affatto.
Per i candidati, il lavoro dovrebbe essere il fulcro del loro progetto di vita. Non solo per ragioni economiche, ma anche per il loro percorso di crescita personale (61%) e come fonte di stimoli (53%). Tuttavia, la realtà attuale raramente offre ai giovani queste prospettive.
mancata corrispondenza di valori.
Un'altra ragione importante che spinge i lavoratori a lasciare il proprio impiego è la mancanza di corrispondenza tra i valori personali e quelli dell'azienda.
Il 76% dei dipendenti ritiene che i valori del proprio datore di lavoro siano rilevanti e, nella maggior parte dei casi (66%), li ritiene allineati ai propri.
Allo stesso tempo, il 35% degli intervistati non vorrebbe lavorare per un'azienda con valori diversi dai propri, specialmente in relazione a temi ambientali o sociali.
L'impegno dell'azienda verso la sostenibilità e l'equità-diversità è considerato cruciale nella scelta di un datore di lavoro. Il 38% non accetterebbe di lavorare in un'azienda che non si impegna nella sostenibilità, mentre il 39% rifiuterebbe un datore di lavoro che non promuove politiche di equità e diversità.
Inoltre, il 31% dei lavoratori sarebbe disposto a guadagnare meno per contribuire positivamente alla società. Ancora una volta, sono le generazioni più giovani ad essere meno propense a mettere in discussione i propri valori per motivi professionali.
Anche i risultati dell'Employer Brand Research confermano che il 19% delle persone tra i 18 e i 24 anni sarebbe disposto a rimanere senza lavoro piuttosto che lavorare per un'azienda con valori diversi dai propri. Questa fascia d'età è anche particolarmente attenta all'inclusione e alla diversità (59%).
scarsa flessibilità.
Come anticipato, la scarsa flessibilità in Italia sta contribuendo al fenomeno della Great Resignation.
Solo il 50% delle aziende offre flessibilità negli orari di lavoro e solo il 40% consente il lavoro da remoto. Di conseguenza, il 27% dei lavoratori ha già lasciato il proprio impiego a causa della mancanza di flessibilità e dell'opportunità di lavorare da remoto.
Questa percentuale sale al 49% se consideriamo solo la fascia d'età compresa tra i 18 e i 24 anni.
ambizioni professionali frustrate.
Un altro fattore che contribuisce alle dimissioni è l'incapacità delle aziende di soddisfare le ambizioni professionali dei dipendenti.
Nonostante il 70% dei lavoratori ritenga che la formazione sia importante, solo il 65% ritiene che l'azienda offra opportunità adeguate in questo senso. Tra le esigenze formative più sentite vi sono il consolidamento delle competenze attuali (58%), lo sviluppo di competenze tecniche (53%), la formazione digitale (44%) e lo sviluppo delle soft skills (40%).
Tuttavia, solo il 39% degli italiani punta alla riqualificazione per accedere a nuovi ruoli professionali.
Tra le diverse azioni intraprese dalle aziende per garantire la felicità dei dipendenti nell'ultimo anno, solo il 23% ha offerto opportunità di formazione e sviluppo, rispetto al 25% a livello globale.
worklife coaching report 2022: la fidelizzazione dei dipendenti passa dal coaching aziendale.
scarica il reportcome arginare il fenomeno della great resignation.
Secondo i risultati del Randstad Workmonitor, sempre più lavoratori, soprattutto tra le generazioni più giovani, attribuiscono maggiore importanza alla vita privata rispetto al lavoro.
Di conseguenza, diventa cruciale per le aziende prestare particolare attenzione a garantire ai dipendenti un buon equilibrio tra vita professionale e personale, offrendo maggiore flessibilità negli orari e nel luogo di lavoro. Questa è una strategia che può attrarre anche i talenti più giovani disponibili sul mercato.
Nella ricerca HR Trends & Salary Survey, la flessibilità emerge come la principale risposta quando si parla di benessere lavorativo. Ciò si traduce in elementi come:
- il lavoro da remoto
- permessi agevolati
- part-time per neo-genitori
- eliminazione della timbratura
- orari/pranzi flessibili
Per contrastare il fenomeno della Great Resignation, è anche importante far sentire i dipendenti valorizzati e supportare le loro ambizioni di crescita professionale. Il 45% dei lavoratori desidera avere la possibilità di confrontarsi con un career coach per esaminare come far progredire la propria carriera nell'attuale lavoro o, nel 35% dei casi, per pianificare il proprio futuro professionale.
In generale, è essenziale considerare la Great Resignation non come un problema, bensì come un'opportunità per trasformare in meglio i paradigmi aziendali, creando ambienti di lavoro piacevoli caratterizzati da valori e obiettivi condivisi.
Marco Ceresa, Group CEO di Randstad, sottolinea che sarà "una grande sfida per le aziende, che, in un contesto di carenza di talenti, devono ripensare il loro approccio per attrarre e trattenere il personale".
conclusioni e consigli pratici.
Ricapitolando, ecco una serie di iniziative da implementare per provare ad affrontare e contrastare il fenomeno della Great Resignation:
- Creare un ambiente di lavoro flessibile, implementando politiche che consentano ai dipendenti di gestire il proprio tempo in modo più autonomo, come il lavoro da remoto o orari flessibili: alcune aziende, ad esempio. hanno adottato programmi di lavoro flessibile, consentendo ai dipendenti di stabilire i propri orari di lavoro in base alle loro esigenze personali. Una soluzione ottimale per promuovere così un migliore equilibrio tra vita lavorativa e privata.
- Investire nella crescita e nello sviluppo professionale: offrire opportunità di formazione e sviluppo ai dipendenti, consentendo loro di acquisire nuove competenze e progredire nella loro carriera. Ciò può includere programmi di mentoring, corsi di formazione interni o finanziamenti per la partecipazione a conferenze ed eventi di settore.
- Creare un ambiente di lavoro inclusivo e stimolante: favorire un clima organizzativo che promuova l'inclusione, la diversità e l'uguaglianza di opportunità. Incentivare il coinvolgimento dei dipendenti in progetti significativi e fornire opportunità di leadership e responsabilità.
- Valorizzare il benessere dei dipendenti, mettendo in atto politiche volte a migliorare il benessere dei dipendenti: tra questi, programmi di sostegno alla salute mentale, servizi di consulenza e iniziative per promuovere uno stile di vita sano. Ad esempio, alcune aziende offrono programmi di fitness in ufficio, counseling per il benessere emotivo o giorni di riposo aggiuntivi per favorire il recupero e la gestione dello stress.
- Ascoltare e coinvolgere i dipendenti, dando loro la possibilità di esprimere le proprie opinioni, fornire feedback e partecipare a processi decisionali: questo può avvenire attraverso sondaggi interni, sessioni di brainstorming o incontri periodici per raccogliere le opinioni e le idee dei dipendenti.
Affrontare la Great Resignation richiede un approccio olistico che consideri le esigenze dei dipendenti e le sfide attuali del mercato del lavoro. Investire nell'attrazione e nel mantenimento dei talenti può portare a un ambiente di lavoro più soddisfacente, una maggiore produttività e una migliore reputazione aziendale.