Nel 2025, le aziende sono chiamate a confrontarsi con una complessità crescente, non solo tecnologica, ma anche umana. La carenza di talenti qualificati resta una delle sfide principali, mentre le aspettative dei lavoratori sono cambiate profondamente e la cultura aziendale deve evolvere in direzione di una maggiore autenticità.

i principali trend HR del 2025:

Nel 2024, il mondo del lavoro ha attraversato una fase di forte trasformazione, segnata da scenari geopolitici instabili, incertezza economica e dall’avanzata inarrestabile dell’intelligenza artificiale, che ha continuato a ridefinire ruoli, competenze e processi organizzativi.

Il 2025 apre a nuove sfide e opportunità per chi si occupa di HR. Dalla necessità di investire nella formazione sull’intelligenza artificiale e attrarre talenti in grado di valorizzarne il potenziale alla costruzione di ambienti di lavoro più equi e inclusivi. Dalla gestione strategica della gig economy alla riorganizzazione della presenza in ufficio attraverso modelli ibridi, fino alla creazione di comunità aziendali fondate su valori condivisi tra generazioni diverse.

Quali sono, quindi, i trend HR 2025 che plasmeranno il mondo del lavoro? E in che modo le aziende potranno trasformarli in leve strategiche per attrarre e trattenere i migliori talenti?

non perderti nessun aggiornamento sul mondo delle risorse umane!

iscriviti alla nostra newsletter per conoscere le ultime news, tendenze e strategie legate al mondo HR.

iscriviti subito

1. la diffusione dell'AI e la richiesta di talenti dalla forte personalità.

Gli strumenti di AI generativa si stanno diffondendo in modo capillare, automatizzando compiti, supportando i processi decisionali e ridefinendo le modalità di lavoro in quasi tutte le funzioni aziendali.

A fronte di questa diffusione, la disponibilità di competenze specialistiche sull’AI resta limitata. Le aziende fanno sempre più fatica a reperire sul mercato professionisti in grado di progettare, utilizzare e integrare soluzioni di intelligenza artificiale in modo strategico. 

La scarcity di skill tecniche legate all’AI sarà una delle sfide principali per il 2025: le imprese saranno chiamate a ripensare le proprie strategie HR, con un’attenzione particolare alla formazione interna.

Secondo il Future of Jobs Report 2025 del World Economic Forum, il futuro del lavoro sarà sempre più influenzato dall’interazione tra intelligenza artificiale, apprendimento continuo e sviluppo di nuove competenze.

Sarà quindi fondamentale investire sulle persone già presenti in azienda, potenziando le loro competenze digitali e tecnologiche. I programmi di reskilling e upskilling diventeranno essenziali per costruire una cultura aziendale capace di evolvere insieme alle tecnologie. In questo scenario, la formazione continua favorirà l’aumento della produttività e dell’efficienza e si consoliderà come asset strategico per la crescita a lungo termine del business.

Ma le competenze tecniche da sole non basteranno. Emerge con forza un’altra esigenza: quella di individuare e valorizzare talenti dotati di forti soft skill. Adattabilità, pensiero critico, proattività, empatia e intelligenza emotiva diventeranno fattori determinanti per fare davvero la differenza nell’uso dell’AI. 

Non si tratta solo di sapere “come” usare gli strumenti basati su questa tecnologia, ma anche di capirne il “perché” e il “quando”, di interpretarli e contestualizzarli con sensibilità umana, per guidare il cambiamento.

intelligenza artificiale e risorse umane: l'impatto dell'AI sul mondo del lavoro.

scopri il report

2. equità, diversità e inclusione sul posto di lavoro.

Nel 2025, il tema equità, diversità e inclusione (DE&I) continuerà ad essere un pilastro fondamentale nelle strategie HR. Non si tratta di un valore da promuovere in via teorica, ma di un insieme di pratiche che le aziende dovranno integrare nei processi di gestione delle persone per rimanere competitive.

In un contesto segnato dalla talent scarcity, creare ambienti di lavoro equi, rispettosi e rappresentativi non è solo una scelta etica, ma una leva indispensabile per diventare realmente attrattivi. 

I talenti, soprattutto quelli appartenenti alle nuove generazioni, si aspettano oggi che i luoghi di lavoro riflettano e valorizzino le differenze: di genere, età, etnia, religione, ideologia, abilità e orientamento sessuale.

Le aziende che nel 2025 investiranno in politiche DE&I avranno un vantaggio significativo in termini di engagement, retention e reputazione. Questo può realizzarsi, ad esempio, includendo criteri di equità già in fase di ricerca e selezione del personale, cioè rimuovendo bias inconsci nei processi di recruiting o rivedendo il linguaggio delle job description.

Ma ambienti di lavoro inclusivi non si costruiscono solo con l’ingresso in azienda di persone con profili diversi: serve un lavoro profondo anche sul piano interno, attraverso programmi di sensibilizzazione, formazione manageriale e revisione dei processi organizzativi, affinché ogni persona possa sentirsi ascoltata, rappresentata e messa nelle condizioni di esprimere al meglio il proprio potenziale.

Per questo trend HR 2025, la parola chiave sarà “autenticità”. I dipendenti - attuali e futuri - non cercheranno aziende perfette, ma contesti in cui sentirsi liberi di essere se stessi. 

Per chi si occupa di risorse umane, il compito sarà, da un lato, trasformare la diversità in un motore di crescita per il business, dall’altro rendere misurabili i risultati delle iniziative DE&I

promuovere la diversità e inclusione in azienda.

Attraverso un supporto consulenziale personalizzato, accompagniamo le organizzazioni nella creazione progetti di inclusione aziendale e valorizzazione della diversità.

scopri come

3. gig economy: un'opportunità nella gestione del personale.

Nel prossimo futuro, il numero di gig workers continuerà ad aumentare vertiginosamente, in risposta a una crescente domanda di flessibilità, autonomia e controllo sulla propria vita professionale.

Per le aziende, questo trend HR del 2025 rappresenta un’opportunità nella gestione del personale: consente di affrontare la carenza di talenti qualificati, che rende sempre più difficile reperire in tempi rapidi le competenze necessarie per l'operatività.

Collaborare con risorse di questo tipo permetterà di colmare gap temporanei o strutturali, rispondere più rapidamente alle esigenze di progetto e accedere a competenze altamente specializzate senza dover ricorrere a contratti a lungo termine.

Per favorire l’incontro tra domanda e offerta nei contesti segnati da una forte carenza di talenti, le aziende non potranno limitarsi a considerare i lavoratori della gig economy come risorse esterne da attivare all’occorrenza. Dovranno ripensare il rapporto con questi professionisti, garantendo condizioni di lavoro trasparenti, flessibili e più sicure.

4. rientro in sede (RTO): i vantaggi delle soluzioni ibride.

Nel 2025, il dibattito sul ritorno in ufficio non sarà più una questione aperta, ma un tema che si risolverà nei modelli di lavoro ibridi. Le aziende hanno capito che tornare al “tutti in sede” non è realistico, ma che anche lavorare da remoto ogni giorno non può funzionare.

I dati già oggi parlano chiaro: i lavori full-remote stanno diminuendo, mentre aumentano quelli ibridi. È il segnale che aziende e lavoratori stanno cercando un nuovo equilibrio. 

Da un lato c’è la richiesta di maggiore autonomia. Un’autonomia che non riguarda solo l’organizzazione del lavoro, ma anche la possibilità di tutelare la propria qualità della vita. Secondo il Randstad Workmonitor 2025, ben l’87% delle persone non è disposto ad accettare un impiego che non sia compatibile con il piacere del vivere. Dall’altro, resta forte il bisogno di interazione, confronto e appartenenza. 

Il trend HR del lavoro ibrido risponde a entrambe le esigenze.

Il punto non è tanto dove si lavora, ma come e con quale obiettivo. Nel 2025 a fare la differenza saranno le aziende che sapranno dare un senso concreto alla presenza in ufficio - come spazio di collaborazione, scambio e connessione - e, allo stesso tempo, permetteranno alle persone di lavorare da remoto alcuni giorni a settimana o al mese.

Il mix funzionerà solo se pensato bene. Il lavoro flessibile non potrà più essere gestito adottando approcci informali o regole “fatte in casa”. Serviranno policy chiare, strumenti digitali efficaci e, soprattutto, manager lungimiranti.

È richiesta una nuova cultura organizzativa, basata su fiducia, responsabilità e orientamento ai risultati. Non si potrà più misurare la produttività con il numero di ore passate in ufficio: conteranno la qualità del lavoro svolto, la capacità di collaborare a distanza e la chiarezza degli obiettivi condivisi.

Per le direzioni HR, questo significherà investire nella formazione dei leader, ripensare i processi di performance management e ascoltare in modo attivo i bisogni delle persone. Solo così il modello ibrido diventerà davvero sostenibile e capace di generare valore, per l’organizzazione e per chi ci lavora.

che cos’è il lavoro ibrido e come introdurlo in azienda con successo.

Scopri come introdurre questo modello di lavoro in azienda e i pro e contro del lavoro ibrido paragonato al lavoro in presenza e full remote.

scarica il report

5. differenze generazionali e condivisione dei valori.

Anche nel 2025, le aziende si troveranno a gestire una forza lavoro estremamente eterogenea, composta da Baby Boomer, Generazione X, Millennials e Generazione Z. Quattro generazioni con esperienze, esigenze e aspettative differenti che, quotidianamente, condividono spazi, progetti e obiettivi. Un contesto complesso, che può trasformarsi in un ostacolo o in una risorsa, a seconda di come viene gestito.

Questo trend HR 2025 riconosce che le differenze generazionali esistono e non vanno ignorate. Sempre più ricerche dimostrano che, al di là delle abitudini e delle preferenze individuali, esistono valori condivisi che uniscono le persone a prescindere dall’età: la richiesta di una retribuzione equa, il desiderio di flessibilità, la possibilità di crescere e sentirsi coinvolti.

Nel 2025, questi valori saranno il vero punto di partenza per costruire comunità aziendali più coese, collaborative e produttive. Le imprese che riusciranno a riconoscerli, ascoltarli e tradurli in azioni concrete saranno quelle in grado di trasformare le differenze in un fattore di arricchimento, non di conflitto.

Secondo i dati del Randstad Workmonitor, il desiderio che il luogo di lavoro corrisponda ad una comunità è ampiamente condiviso: l’87% dei lavoratori la considera importante, con un picco tra le generazioni senior (88% Baby Boomer vs 77% Gen Z). Ma sono soprattutto i più giovani a farsi portatori di diritti civili condivisi da tutti, equità, diversità e senso di appartenenza.

In questo senso, sarà utile anche promuovere occasioni di confronto tra generazioni e incentivare la condivisione di know-how tra colleghi con background diversi. Strumenti di comunicazione interna più accessibili potranno contribuire a ridurre i fraintendimenti e favorire il dialogo.

Anche investire su una leadership capace di valorizzare la diversità generazionale è importante. I manager dovranno essere formati per promuovere un clima di fiducia e rispetto reciproco, al fine di trasformare le differenze in risorsa, evitare tensioni e migliorare la qualità delle relazioni in azienda.

Sarà fondamentale costruire un’Employee Value Proposition (EVP) basata proprio sui valori condivisi tra le diverse generazioni, che rispecchi davvero ciò che le persone cercano in un datore di lavoro. Non basteranno slogan o dichiarazioni d’intenti: sarà necessario dimostrare, con azioni tangibili, che l’organizzazione è in grado di mantenere le promesse fatte. 

Gestire un contesto di lavoro intergenerazionale non significa accontentare tutti, ma dare alle persone motivi autentici per sentirsi parte del progetto aziendale. Puntare su valori condivisi sarà la chiave per superare gli stereotipi e costruire un ambiente di lavoro inclusivo e aperto al futuro.

un uomo sorridente che fa una videoconferenza al pc seduta al tavolo della cucina di casa

conosci ciò che i dipendenti desiderano e si aspettano dai loro datori di lavoro? scoprilo attraverso i dati del Randstad Workmonitor.

scopri la ricerca
autore.
Sander van ‘t Noordende
Sander van ‘t Noordende

Sander van ‘t Noordende

chief executive officer, randstad

I am the Chief Executive Officer of Randstad, the world’s largest talent company and a workplace equity advocate. Throughout my career, as a business leader, I have advocated for true equity in the workplace. The world of work is changing rapidly and with talent in the driving seat, employers must adapt to meet the growing demands for a more tailored, flexible and purpose-driven approach to work. Through our insights, such as our flagship Workmonitor report, and our ambition to be the most equitable and specialized talent company, we are well-positioned to help both talent and clients navigate the ever-changing global labor market. Prior to joining Randstad, I spent 30 years at Accenture most recently serving as Group Chief Executive of the Products Operating Group and have been featured by Fortune, CNBC, BBC, Bloomberg and the Wall Street Journal discussing the world of work.

iscriviti alla nostra newsletter: dati, trend e strategie del mondo HR.

iscriviti ora

il mercato del lavoro: dati e trend aggiornati.

scopri di più