In un mondo del lavoro sempre più competitivo e in continua evoluzione come quello attuale, la gestione delle risorse umane è diventata molto più che una semplice funzione di amministrazione del personale: è un elemento strategico per la crescita e il successo del business.
Oggi, per riuscire ad attrarre e trattenere i migliori talenti è necessario mappare, comprendere e gestire efficacemente ogni fase dell’employee life cycle, il percorso che i dipendenti intraprendono all’interno dell’organizzazione.
Curando e personalizzando ciascuna di queste fasi, dal primo contatto con l’azienda al termine del rapporto di lavoro, è possibile non solo mantenere alto il livello di motivazione e coinvolgimento dei dipendenti, ma anche fidelizzarli e migliorare il rendimento complessivo dell’impresa.
Scopriamo cos’è l’employee life cycle, quali sono le fasi che lo compongono e perché è importante gestirlo in maniera strategica.
indice dei contenuti:
che cosa è l'employee life cycle?
L'employee life cycle (ELC), in italiano “ciclo di vita del dipendente”, è un modello che descrive le fasi più rilevanti che un lavoratore attraversa durante il suo percorso all'interno di un’organizzazione, dall’ingresso in azienda fino all’ultimo giorno di lavoro.
Non è solo un concetto teorico, ma uno strumento strategico di cui le aziende di ogni settore e dimensione possono servirsi per mettere in luce i punti di forza, di debolezza e le opportunità dell’interazione tra lavoratore e datore di lavoro.
Sapere cos’è e come funziona l’employee life cycle consente ai responsabili HR di programmare in modo preciso ogni fase della vita lavorativa del dipendente, attuando strategie ad hoc per influenzare positivamente la talent experience e, di conseguenza, l'employer branding.
Curare ogni fase di questo percorso è fondamentale per fidelizzare i dipendenti, ridurre il turnover e rafforzare l’immagine aziendale. Ciò si traduce in una maggiore capacità di attrarre nuovi talenti e permette anche di ottenere un guadagno in termini di employee retention. Vi è anche la possibilità di raccogliere informazioni utili per apportare eventuali miglioramenti nella gestione del personale.
Non si tratta quindi solo di passaggi formali che si susseguono secondo un ordine cronologico, ma di uno strumento che può avere un impatto significativo su come i dipendenti percepiscono il proprio datore di lavoro e su come, a sua volta, il datore di lavoro può trarre il meglio dalle proprie persone.
In sostanza, l’employee life cycle è una roadmap utile a costruire e migliorare l’employee experience.
come funziona e quali sono le fasi dell'employee life cycle?
L’employee life cycle si compone di 7 fasi chiave, ciascuna delle quali rappresenta un momento rilevante dell’esperienza vissuta dai lavoratori in azienda. Conoscerle a fondo permette ai manager e ai responsabili HR di accompagnare e sostenere i dipendenti lungo tutto il loro ciclo di vita professionale.
Ottimizzando ogni fase di questo percorso e intervenendo con strategie mirate, è possibile migliorare la soddisfazione e le performance del personale, nonché il benessere organizzativo, e garantire che l'interazione tra datore di lavoro e lavoratore sia positiva e orientata alla crescita.
1. talent attraction e acquisition.
Il viaggio del dipendente inizia ancora prima della sua entrata effettiva in azienda. Si parla, in questo caso, di employee attraction e talent acquisition, ovvero di quella fase in cui il candidato entra in contatto con l’organizzazione, ne esplora caratteristiche, valori e opportunità lavorative e cerca di capire se è un ambiente interessante e adatto a lui.
In questa fase, l’azienda deve presentarsi al meglio e fare un’ottima prima impressione. Le attività di employer branding e la scelta dei canali giusti sono essenziali perché consentono di comunicare efficacemente cosa significhi lavorare per l’impresa. I canali da utilizzare sono il sito web aziendale, i social, i portali di lavoro, gli eventi di recruiting e le collaborazioni con istituti di formazione o università (leggi anche: dove trovare personale).
L’obiettivo è non solo attirare un alto numero di candidati, ma soprattutto richiamare quei profili che si allineano ai valori aziendali e alla cultura dell’impresa. Adottare questo approccio rende la selezione più mirata e migliora la probabilità di attrarre l’interesse di talenti motivati e qualificati, che condividano la visione dell’azienda.
2. selezione dei candidati.
Una volta stimolato l’interesse dei potenziali candidati, si passa alla fase di selezione del personale, che si concentra sull’analisi e la valutazione delle competenze dei singoli per capire chi meglio possa contribuire al successo aziendale.
Questo step è importante sia per il datore di lavoro che per il candidato. Entrambe le parti devono valutare attentamente la corrispondenza tra ciò che l’azienda offre e ciò che il candidato cerca:
- il datore di lavoro deve riuscire a dimostrare un’effettiva coerenza tra quanto proposto nell'offerta di lavoro e il contenuto del lavoro stesso, mettendo in evidenza anche tutti quelli che sono gli aspetti di valore che lo differenziano dalla concorrenza (Employee Value Proposition, EVP);
- il candidato deve valutare l’effettiva aderenza tra i propri interessi e valori e la nuova opportunità lavorativa. Un disallineamento, in questo senso, porterà molto probabilmente ad un nulla di fatto.
La selezione può includere colloqui individuali e di gruppo, valutazioni delle soft e hard skills e prove pratiche, per garantire che il candidato non solo possegga le competenze richieste, ma si allinei anche con la cultura aziendale e le sue prospettive a lungo termine.
3. recruitment e onboarding.
Nella fase di recruitment, l'azienda formalizza l'assunzione del candidato selezionato, negozia i termini del contratto e fornisce una panoramica delle responsabilità che gli verranno affidate. È essenziale che il nuovo assunto riceva tutte le informazioni necessarie per comprendere appieno il suo nuovo ruolo e come esso si inserisca all'interno dell’organizzazione.
Una volta selezionato il candidato di interesse e più adatto per coprire le vacancy, l’employee life cycle continua con l'inserimento del nuovo dipendente in azienda, ovvero la cosiddetta fase di onboarding.
Durante questa fase, che corrisponde ai primi giorni o alle prime settimane di permanenza del nuovo dipendente in azienda, è importante offrire un piano strutturato che faciliti l'inserimento del neoassunto, lo aiuti a familiarizzare con le dinamiche aziendali e lo supporti nell'acquisizione delle competenze necessarie per avere successo nel nuovo ruolo.
L’onboarding aziendale può prevedere incontri di benvenuto, sessioni di formazione e momenti di confronto con colleghi e manager, il tutto mirato a facilitare il processo di adattamento e a favorire una conoscenza più profonda della cultura d’impresa.
4. sviluppo e crescita professionale dei talenti.
Lo sviluppo e la crescita professionale dei talenti è fondamentale per mantenere alta la motivazione e il coinvolgimento dei dipendenti. Un’azienda che offre opportunità di avanzamento di carriera dimostra di tenere alle sue risorse.
I datori di lavoro possono fornire programmi di formazione continua che permettano ai dipendenti di sviluppare, aggiornare o riqualificare le competenze necessarie per svolgere il loro lavoro. Oltre ai tradizionali corsi di formazione, è possibile offrire l’accesso a piattaforme di e-learning, workshop, seminari o conferenze.
Questo investimento contribuisce non solo alla crescita individuale del dipendente, ma anche alla competitività dell'azienda sul mercato.
In questo senso, fondamentali sono le attività di performance management. Attraverso valutazioni periodiche e l’identificazione di obiettivi chiari e raggiungibili, manager e dipendenti possono monitorare i progressi, identificare aree di miglioramento e celebrare i successi, creando percorsi ad hoc per ogni specifica esigenza.
5. fidelizzazione e retention.
L’employee retention, ovvero la capacità di trattenere i talenti in azienda, può essere favorita migliorando l’esperienza complessiva che i dipendenti vivono all'interno dell'organizzazione.
L'azienda può incrementare la probabilità che i lavoratori scelgano di rimanere a lungo investendo in attività che rendano l’ambiente lavorativo più soddisfacente e appagante.
Le strategie da mettere in atto vanno ben oltre l'offerta di uno stipendio competitivo, configurandosi, invece, in una serie di benefici a 360 gradi: dal welfare alle iniziative di corporate wellness e wellbeing aziendale, dalla flessibilità lavorativa al work-life balance, fino alle opportunità di carriera.
6. offboarding e outplacement.
La fase successiva dell’employee life cycle è l'offboarding, ovvero l’uscita del dipendente dall’azienda.
Gestire questa fase con sensibilità e professionalità è fondamentale per preservare la reputazione dell'azienda. Un’organizzazione che gestisce in modo fluido la transizione verso l’esterno dei propri dipendenti ha più possibilità che, in un futuro, questi diventino brand ambassador, con ripercussioni positive sull’employer brand.
Il processo di offboarding include diversi passaggi, tra cui il colloquio di uscita, che è un'opportunità preziosa per raccogliere feedback e informazioni utili per migliorare l’employee experience. Il dipendente ha così modo di esprimere la propria opinione in merito alla cultura aziendale, ai rapporti con i colleghi e alle politiche aziendali, consentendo all'azienda di identificare eventuali aree di miglioramento.
Se l’abbandono dovesse avvenire per cause non legate alla volontà del dipendente, potrebbe essere utile offrire un servizio di outplacement, ovvero attivare percorsi di transizione per facilitare il reinserimento del dipendente in un nuovo ruolo in un'altra organizzazione. In che modo? attraverso l’erogazione di servizi come coaching aziendale e consulenza nella ricerca di lavoro.
Questa fase, se ben gestita, aiuta a rafforzare e preservare la reputazione aziendale perché dimostra che l’impresa ha rispetto e attenzione nei confronti dei dipendenti anche nelle fasi di separazione.
7. advocacy.
L’ultima fase dell’employee life cycle è quella dell’advocacy. Si tratta di una tappa in cui l’azienda ha l’opportunità di trasformare gli ex dipendenti in veri e propri ambassador del brand.
Anche se non fanno più parte dell’organizzazione, gli ex collaboratori possono contribuire positivamente alla reputazione aziendale, parlando bene dell'esperienza vissuta in azienda e promuovendo, seppur indirettamente, il valore dell’impresa.
L’advocacy rappresenta, quindi, un modo efficace per promuovere la cultura aziendale e attrarre nuovi talenti, grazie alla testimonianza di chi ha già vissuto in prima persona l’esperienza lavorativa all'interno dell’organizzazione.
perché è importante ottimizzare il ciclo di vita dei dipendenti.
Ottimizzare il ciclo di vita dei dipendenti è fondamentale per mantenere alta la competitività dell’azienda come datore di lavoro. In un mercato del lavoro sempre più dinamico e in continua evoluzione come quello attuale, le organizzazioni devono riuscire a distinguersi dai concorrenti.
Curare l’interazione tra azienda e dipendente consente anche di ridurre il turnover. Un datore di lavoro che investe nelle persone, accompagnandole lungo tutto il loro percorso in azienda, riesce a trattenere i talenti e a ridurre i costi associati al reclutamento, alla selezione e alla formazione di nuovi assunti.
L'ottimizzazione dell’employee life cycle ha un impatto diretto sulla produttività aziendale. Dipendenti soddisfatti e motivati, infatti, sono più propensi a impegnarsi nel loro lavoro e a contribuire al successo del business.
Adottare questo approccio consente anche di ottimizzare le strategie di talent management. Gestire al meglio ogni fase del ciclo di vita dei dipendenti permette di intervenire in modo proattivo sulle esigenze dei lavoratori, allineando i loro obiettivi personali con quelli dell'azienda e assicurando che le strategie di sviluppo e formazione siano coerenti con le necessità dell’organizzazione.
Da ultimo, curare ogni fase dell’employee life cycle incrementa la soddisfazione e l’engagement dei dipendenti. Un’employee experience appagante e ben gestita fa sentire i dipendenti valorizzati e motivati e contribuisce a costruire una cultura aziendale forte e orientata al successo.
come gestire l’employee life cycle.
Il successo nella gestione del ciclo di vita dei dipendenti dipende in gran parte dall'abilità di sviluppare una strategia che tenga conto delle esigenze e delle aspettative sia del dipendente sia del datore di lavoro.
Gli obiettivi di business e i bisogni dei dipendenti, infatti, dovrebbero essere messi a fattor comune per strutturare e implementare una strategia scalabile e personalizzabile in cui gli uni supportano gli altri.
Ecco una serie di suggerimenti per gestire al meglio l’employee life cycle:
- attrazione dei talenti: una solida strategia di employer branding può aiutare a posizionare l'azienda come datore di lavoro “ideale” e ridurre, di conseguenza, l’effort (di tempo, risorse e denaro) necessario per trovare nuovi talenti;
- (data) recruiting: utilizzare tecniche di selezione basate sui dati può aiutare l’azienda a personalizzare l’esperienza dei talenti e compiere scelte di assunzione più adeguate;
- onboarding: un programma ben strutturato può facilitare l'ingresso del dipendente e la sua integrazione nel team di lavoro, accorciando così le tempistiche necessarie per svolgere in autonomia il proprio lavoro e favorendo la produttività;
- sviluppo del dipendente: la formazione continua e l'offerta di nuove opportunità di carriera basate sulle performance e le aspirazioni delle proprie persone favoriscono l’engagement e la soddisfazione dei lavoratori e hanno altresì la funzione di supportare l’azienda nei processi di innovazione;
- retention: riuscire a dare risposta ai bisogni delle proprie persone è cruciale per fidelizzare e trattenere i talenti in azienda e, di conseguenza, assicurare la crescita del business nel lungo termine. Per riuscirci è importante comprendere ciò che i dipendenti cercano e si aspettano dal proprio datore di lavoro. Un sistema di feedback può essere utile in tal senso;
- offboarding e outplacement: gestire con cura l'uscita dei dipendenti può favorire il mantenimento di un employer brand positivo e fornire preziosi feedback per migliorare i processi futuri;
- advocacy: l'obiettivo è mantenere relazioni positive con i dipendenti anche dopo la fine del rapporto di lavoro. Offrire supporto continuo e dimostrare interesse verso il percorso professionale degli ex collaboratori permette di mantenere vivo il legame e alimentare il senso di appartenenza all’organizzazione. Questo approccio può portare benefici concreti all’azienda, come un aumento delle candidature spontanee.
Una componente fondamentale per gestire l'esperienza del dipendente è anche l'adozione di KPI specifici. Misurare i seguenti parametri può fornire un quadro preciso dell’efficacia delle politiche HR:
- tasso di turnover;
- grado di soddisfazione lavorativa;
- performance individuale.
Queste metriche non solo aiutano a identificare le aree di miglioramento su cui investire, ma servono anche come strumenti di benchmarking per confrontarsi con gli standard di settore o con altre aziende.
come tenere controllata l'esperienza del dipendente.
Monitorare l'esperienza dei dipendenti in ogni fase del loro ciclo di vita in azienda è essenziale per l'efficacia a lungo termine della propria people strategy.
L’HR analytics può fornire preziosi insight su come migliorare continuamente le strategie HR. Inoltre, una comprensione dettagliata dell'esperienza del dipendente può contribuire a prevenire attriti e ad aumentare la soddisfazione sul lavoro.
Una tattica spesso sottovalutata, ma altamente efficace per tenere sotto controllo l'esperienza del dipendente è l'uso di indagini e sondaggi.
Questi strumenti possono essere implementati in diverse fasi del ciclo di vita dei dipendenti:
- prima settimana: un questionario iniziale può aiutare a valutare l'efficacia del processo di onboarding e ad identificare eventuali aree di miglioramento;
- sviluppo del dipendente: periodici sondaggi sull’andamento e la quotidianità del lavoro possono fornire insight sulle aspettative di carriera e i desideri formativi del dipendente;
- retention: sondaggi annuali o semestrali sulla soddisfazione sul lavoro possono essere fondamentali per identificare i fattori che contribuiscono al benessere dei dipendenti e alla loro intenzione di rimanere in azienda;
- offboarding: infine, un sondaggio di uscita o, ancora meglio, delle exit interview possono fornire feedback importanti sul perché un dipendente abbia scelto di lasciare l'organizzazione, contribuendo a perfezionare le future strategie di retention.
L'uso metodico di indagini e sondaggi non solo offre un canale diretto di comunicazione con i dipendenti, ma può anche fornire dati quantitativi e qualitativi utili a migliorare continuamente la talent experience.