Giugno 2024 rappresenta il 55° anniversario della rivolta di Stonewall negli Stati Uniti, che diede il via alla celebrazione del Pride LGBTQI+ in tutto il mondo 

Nel mondo del lavoro, in questi cinque decenni, le organizzazioni hanno compiuto passi da gigante verso la creazione di luoghi più inclusivi. Ma c’è ancora molta strada da fare.

Il 41% dei lavoratori LGBTQI+ subisce discriminazioni sul posto di lavoro. Come possiamo invertire la tendenza?

I nuovi dati del Workmonitor Pulse Survey di Randstad mostrano che le iniziative e le politiche di equità, inclusione e appartenenza (DEI&B ) hanno contribuito in qualche modo a consentire ai lavoratori LGBTQI+ di essere se stessi sul posto di lavoro. 

Nonostante ciò, gli esempi di discriminazione sul lavoro sono ancora numerosi. I dati lo dimostrano: 

  • Poco meno della metà (49%) dei lavoratori LGBTQI+ si sente a proprio agio nel discutere della propria sessualità o identità di genere sul lavoro, mentre più di un quarto (28%) lo evita del tutto. 
  • Allo stesso tempo, poco più della metà (51%) ritiene che i propri datori di lavoro abbiano intrapreso azioni significative per creare un luogo di lavoro equo per i dipendenti LGBTQI+. 
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Comprendere le esigenze dei lavoratori e intraprendere azioni autentiche per creare luoghi di lavoro inclusivi è anche un imperativo di business fondamentale per trattenere i migliori talenti, a fronte della crescente complessità di un mondo in costante cambiamento. Le aziende devono costruire luoghi di lavoro equi in cui tutti i lavoratori possano sentire di appartenere

Sander van 't Noordende
CEO, Randstad

dati su discriminazione e lavoro: la situazione attuale.

L’indagine condotta da Randstad, su un campione di più di 2.000 membri della comunità LGBTQI+ in sette paesi, ha chiesto alle persone di considerare quanto è cambiato il mercato del lavoro, negli ultimi cinque anni, in relazione ai temi dell’inclusione. Sia in positivo che in negativo. 

Dai risultati è emerso che:

  • Due quinti ha subito discriminazioni o è stata vittima di pregiudizi sul lavoro (41%) nel corso della loro carriera.
  • Solo due su cinque (41%) hanno affermato di subire meno discriminazioni rispetto a cinque anni fa, mentre più di un quarto (28%) ha affermato che la discriminazione è peggiorata negli ultimi cinque anni.
  • Una persona su tre (32%) si sente più isolata sul posto di lavoro rispetto a cinque anni fa. Un senso di isolamento particolarmente sentito tra le generazioni più giovani, con più di un terzo della Gen Z (34%) e dei Millennials (35%) che affermano di sentirsi più isolati sul lavoro rispetto a cinque anni fa, rispetto al 29% della Gen X e il 27% dei Baby Boomer. 
  • Quasi la metà degli intervistati (48%) ha affermato di attribuire maggiore valore all’allyship sul lavoro rispetto a qualche anno fa, percentuale salita al 50% sia per la Gen Z che per i Millennial.

l’inclusione LGBTQI+ sul luogo di lavoro.

Esperienza, aspettative e desideri dei dipendenti LGBTQI+. Scopri a che punto siamo con l'inclusione sul posto di lavoro e come agire per contribuire a questo importante obiettivo.

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discriminazione sul luogo di lavoro: significato e tipologie.

A livello generale, le condotte possono essere considerate discriminatorie quando ai professionisti vengono applicate regole differenti, a parità di situazioni, e viceversa. 

Nell’ordinamento italiano, le norme e le sanzioni previste dal diritto del lavoro  in caso di discriminazione e comportamenti discriminatori del datore di lavoro o dei colleghi, sono contenute principalemente nel Decreto Legislativo n. 216/2003 (norma di recepimento in Italia della Direttiva comunitaria 2000/78).

Come espressamente dichiarato dal ministero del lavoro e delle politiche sociali

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Le lavoratrici e i lavoratori, sia dipendenti che autonomi, sono tutelati contro ogni forma di discriminazione diretta o indiretta che sia fondata su motivi vietati dalla legge.

La discriminazione si distingue in diverse forme:

- diretta, che si verifica quando, in ragione dello specifico criterio considerato, una persona è trattata meno favorevolmente rispetto ad un’altra in una situazione analoga;

- indiretta che si realizza, invece, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono determinare una situazione di particolare svantaggio per alcune categorie di persone, in ragione dello specifico criterio considerato.

La legge vieta espressamente la discriminazione, diretta o indiretta, basata su:
- genere (discriminazione di genere)
- l’origine etnica
- religione
- le convinzioni personali
- le disabilità
- l’età
- l’orientamento sessuale
- adesione ad associazioni sindacali,
- dallo svolgimento di attività sindacali
- partecipazione a scioperi.

Le discriminazioni sono vietate sia in fase di accesso all’occupazione e al lavoro, all’orientamento, alla formazione e alla riqualificazione professionale, sia durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, con riferimento, ad esempio, alle condizioni di lavoro, agli avanzamenti di carriera, alla retribuzione e ai motivi del licenziamento.

l'esperienza LGBTQI+ al lavoro .

I risultati del sondaggio Workmonitor Pulse rivelano che la cultura del posto di lavoro ha un impatto significativo sulle decisioni occupazionali e sui percorsi di carriera dei lavoratori LGBTQI+. 

Le strategie a sostegno dell'inclusività, volte a creare un ambiente di lavoro sereno per tutti (leggi anche: diversità e inclusione nell’ambiente di lavoro), possono effettivamente rappresentare un'opportunità per le organizzazioni, sia dal punto di vista dell'attraction che della retention di talenti. 

  • Il sentirsi a disagio sul posto di lavoro ha portato circa una persona su tre a lasciare il proprio lavoro.
  • Più di un terzo degli intervistati (36%) ritiene che non essere se stessi al lavoro incida sulla motivazione e sulla produttività.
  • Le preoccupazioni circa la discriminazione che incide sull’avanzamento di carriera hanno avuto un impatto sul 40% dei lavoratori LGBTQI+.
  • Un terzo ritiene che la propria sessualità o identità di genere abbia avuto un impatto negativo sulla propria carriera.

Dati che evidenziano una chiara necessità di maggiore sostegno e inclusione nei luoghi di lavoro, a beneficio non solo delle persone LGBTQI+, ma anche delle organizzazioni stesse. Soprattutto in un mercato del lavoro caratterizzato da scarsità di talenti e competenze qualificate.

Leggi anche: De&i: la diversity, equity, inclusion in azienda.

infografica con i dati relativi alle richieste di azioni di inclusività da parte della comunità LGBTQI+
infografica con i dati relativi alle richieste di azioni di inclusività da parte della comunità LGBTQI+

la generazione z e i lavoratori più giovani guidano il cambiamento.

Le aspettative dei lavoratori LGBTQI+ più giovani sono cresciute nel tempo e i futuri leader stanno ridefinendo ciò che dovrebbe rappresentare il progresso in questo ambito.  

Nonostante ciò, esistono differenze generazionali nella percezione delle discriminazioni sul lavoro:

  • Più di un terzo dei Millennial (38%) ritiene che la propria sessualità o identità di genere abbia influenzato la propria retribuzione o l’avanzamento della carriera: 16 punti percentuali in più rispetto ai Baby Boomer.
  • La generazione Z è quella più preoccupata che l’avanzamento di carriera venga influenzato dalla discriminazione, con quasi la metà che esprime preoccupazione (45%), rispetto solo al 29% dei Baby Boomer.

A questo riguardo, i lavoratori Millennial sono più sensibili e spingono affinché le proprie aziende apportino cambiamenti culturali reali e significativi. Ad oggi, infatti, quasi la metà (44%) ha affermato che il contributo del proprio datore di lavoro alle iniziative Pride e LGBTQI+  sembra unicamente simbolico, rispetto al 28% dei Baby Boomer.

Gli appartenenti alla Gen Z, dal canto loro, hanno quasi il doppio delle probabilità di lavorare da remoto se ritengono che il loro ambiente di lavoro non sia inclusivo, con il 40% che afferma di preferire lavorare da casa, rispetto al 24% dei Baby Boomer.

Leggi anche: cosa cercano i lavoratori in un'azienda? generazioni a confronto.

comunità lgbtqi+ nel mondo (del lavoro).

Non esiste un approccio unico per creare ambienti di lavoro equi. L’indagine, infatti, dimostra differenze nelle esperienze lavorative e professionali dei membri della comunità LGBTQI+ nel mondo. Un aspetto che dovrebbe portare a riflettere sull’importanza dell’adottare approcci personalizzati al tema DE&I a seconda del contesto di appartenenza.

Secondo i dati, a livello globale, il 49% dei lavoratori appartenenti alla comunità LGBTQI+ non si sente a suo agio nell’essere pienamente se stesso e nel parlare della sua sessualità o identità di genere al lavoro. Alcuni paesi, come Regno Unito (58%), Australia (57%) e Stati Uniti (54%), mostrano una situazione più rosea in tal senso, con dati sopra la media, mentre altri, come il Giappone (34%), rispecchiano un ambiente più complesso da questo punto di vista.

La situazione cambia se si guarda invece ai timori legati al candidarsi per un nuovo lavoro: a livello globale il 32% non ha presentato la propria candidatura per paura di possibili discriminazioni. Scendendo nel dettaglio, Stati Uniti (41%) e Regno Unito (40%) sono i paesi dove questo timore è più sentito - a differenza del Giappone con un 17% di persone che riscontrano questa preoccupazione.

Le differenze nel mondo del lavoro per la comunità LGBTQI+ hanno a che fare anche con la progressione di carriera e il supporto percepito dai professionisti in termini di azioni compiute dai propri datori di lavoro a supporto dell’inclusività:

  • il 29% dei talenti a livello globale ha deciso di lasciare il proprio lavoro perché non si sentiva a suo agio a causa della propria sessualità o identità di genere. Un dato che raggiunge i picchi maggiori Negli Stati Uniti (41%) e quelli minori nei Paesi Bassi (16%).
  • a livello globale solo il 43% dei lavoratori crede che i propri leader siano reali alleati nel supporto alla comunità LGBTQI+  - con i dati più positivi registrati in Australia (55%), Regno Unito (54%) e USA (52%) e i peggiori riscontrati in Giappone (26%).

creare luoghi di lavoro più inclusivi: esempi e azioni concrete.

Dalla ricerca Workmonitor emerge con chiarezza come i professionisti favoriscano, nelle proprie scelte di carriera, quei datori di lavoro che sposano e sostengono i loro medesimi valori, impegnandosi attivamente per fornire il proprio contributo. 

Anche l’edizione Pulse riflette questa propensione con:

  • più della metà dei lavoratori che ritiene che il proprio datore di lavoro sia responsabile della creazione di un ambiente di lavoro inclusivo (58%) e dovrebbe prendere posizione sulle questioni LGBTQI+ (57%).
  • un terzo dei talenti che afferma che il proprio datore di lavoro non si impegna nelle iniziative del Pride Month o lo fa solo come sforzo simbolico e superficiale, che non si trasforma poi in cambiamenti sostanziali nella cultura o nelle politiche aziendali.

A questo proposito, più della metà degli intervistati (57%) chiede azioni concrete alla propria organizzazione, come l'introduzione di politiche di equità e inclusione e la presa di posizione pubblica sulle questioni LGBTQI+.

Quello che emerge, dunque, è che le imprese hanno un ruolo chiaro da svolgere nel promuovere cambiamenti positivi, facendo sentire la propria voce e sostenendo il progresso. Un impegno che può concretizzarsi, ad esempio in alcuni sforzi tangibili. Eccone qualche esempio.

1. responsabilizzare i gruppi guidati dai dipendenti e fornire un supporto visibile.

come?

  • Garantendo che tutte le iniziative siano fondate sull’esperienza reale delle persone per promuovere azioni informate e mirate che supportino e migliorino l’inclusività sul posto di lavoro. 
  • Dimostrando pubblicamente l’impegno per l’inclusione LGBTQI+, ad esempio attraverso la partecipazione a eventi, la sponsorizzazione di enti LGBTQI+ o l’inclusione della rappresentanza LGBTQI+ nei materiali aziendali, interni ed esterni, e nelle posizioni di leadership, per promuovere un senso di appartenenza e visibilità.

2. instillare una cultura del rispetto e dell'empatia, attraverso l'educazione, un linguaggio e delle politiche inclusive.

come?

  • Riconoscendo e rispettando la vasta gamma di esperienze dei lavoratori LGBTQI+ piuttosto che definirli esclusivamente in base al genere o all'orientamento sessuale.
  • Offrendo formazione sulle molteplici identità di genere, la terminologia e le tematiche LGBTQI+ al fine di ridurre i pregiudizi e creare un ambiente più inclusivo ed equo, costruire una “cultura del rispetto e dell’autenticità” e contribuire, di conseguenza, a generare apertura, trasparenza e fiducia sul posto di lavoro.
  • Promuovendo l’uso di un linguaggio inclusivo che rispetti l’identità e l’espressione di genere, ad esempio aggiornando le politiche antidiscriminatorie per includere esplicitamente l’orientamento sessuale e l’identità di genere, sviluppando protocolli per affrontare casi di molestie (sessuali e non), discriminazioni o microaggressioni contro i dipendenti LGBTQI+ e garantire che si sentano sicuri nel segnalare tali problematiche.

3. lavorare su autentiche alleanze e benefit per i dipendenti.

Come?

  • Lavorando sulla costruzione di un ambiente di lavoro equo e inclusivo durante tutto l’anno, non solo in occasione di momenti come il Pride Month, con il supporto e il contributo attivo delle proprie persone. 
  • Garantendo che i benefit aziendali tengano in considerazione le specifiche esigenze LGBTQI+, come piani di assicurazione sanitaria ad hoc, supporto per i caregiver domestici, bagni e spogliatoi neutrali rispetto al genere per accogliere comodamente tutti i dipendenti.

progetti di equità e inclusione in aziende: le iniziative e i servizi di Randstad.

Creare una forza lavoro inclusiva dovrebbe essere una priorità per tutti i datori di lavoro, indipendentemente dalle dimensioni e dal settore dell'azienda. Scopri i nostri progetti di diversità e inclusione e come possiamo aiutarti a promuovere la D&I sul posto di lavoro.

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conosci ciò che i dipendenti desiderano e si aspettano dai loro datori di lavoro? Scoprilo attraverso i dati del Randstad Workmonitor.

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