Attrarre e acquisire nuovi talenti è fondamentale per consentire all’azienda di crescere, innovare e avere successo nel lungo termine  Oltre a impegnarsi nel processo acquisizione e selezione dei migliori candidati, però, ogni realtà deve prestare la massima attenzione anche alla gestione del proprio personale, cercando di ridurre al minimo il turnover e migliorare la propria employee retention, ovvero la capacità di trattenere i propri talenti. 

Una sfida tutt’altro che semplice se si considera che oltre metà dei lavoratori italiani sta cercando un nuovo lavoro o inizierà a farlo a breve. Un effetto del fenomeno globale delle Great Resignation, le dimissioni di massa che coinvolgono l’intero mondo occidentale. 

Ma anche l’espressione di un malessere frutto del disallineamento sui valori di riferimento, la richiesta di maggiore flessibilità e la frustrazione per il mancato sviluppo professionale. Una trasformazione che riguarda soprattutto i giovani, che oggi dichiarano apertamente di dare priorità alla loro felicità piuttosto che al lavoro.

Migliorare la employee retention è quindi una priorità, non solo dal punto di vista prettamente economico: più alto è il grado di employee retention (o talent retention) infatti, più stabile è il business. 

Ma cos’è esattamente la employee retention e come si può migliorare? Quali sono le strategie di employee retention più efficaci per fidelizzare e mantenere i talenti in azienda?

Scopriamolo con l’aiuto dei dati di due ricerche realizzate da Randstad. L’Employer Brand Research , uno studio rappresentativo dell’employer brand e il Randstad Workmonitor, l’indagine semestrale sul mondo del lavoro.

due colleghi che parlano seduti ad un tavolo in una sala riunioni

consulenza organizzativa. attrarre e trattenere i migliori talenti.

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cos'è la employee retention: significato e traduzione.

Con il termine employee retention (anche detta talent retention o HR retention) si fa riferimento alla capacità di un’organizzazione di trattenere e fidelizzare i propri dipendenti all’interno dell’azienda. 

In italiano, viene tradotta con retention dei dipendenti, retention aziendale o fidelizzazione dei dipendenti, laddove il termine “retention” può essere definito in modo letterale con “mantenimento”, “conservazione” .

Nonostante sia spesso rappresentata da un semplice dato statistico (employee retention rate), è in realtà il frutto di una serie di politiche che permettono all’azienda di accrescere il livello di benessere e soddisfazione dei propri dipendenti, con l’obiettivo di ottenere un importante vantaggio competitivo sulla concorrenza.

Una scarsa job satisfaction e un alto turnover del personale possono, infatti, influire sulla stabilità dell’azienda e sono solitamente sintomo di una serie di problematiche più profonde. Al contrario, un team di lavoro soddisfatto e motivato è la base sulla quale costruire il successo aziendale.

Diverse ricerche e studi, infatti, hanno sottolineato come un luogo di lavoro piacevole che favorisca il benessere, la collaborazione e offra possibilità di crescita, si associ ad alti livelli di employee retention che, a loro volta, contribuiscono a  un aumento della produttività aziendale e della solidità dell’organizzazione.  

In quanto aspetto strategico della strategia legata ai talenti, le politiche di retention dei dipendenti  devono essere attentamente pianificate, tenendo conto dei desideri, bisogni e aspettative dei dipendenti.  

Questo consentirà di creare le condizioni per una talent experience altamente positiva, in grado di consolidare il rapporto tra lavoratore e azienda nel lungo termine.

employee retention rate: come calcolare l’hr retention.

Monitorare costantemente il tasso di retention aziendale è un aspetto fondamentale. Come citato in precedenza, un alto tasso di abbandono da parte dei dipendenti, infatti, è sintomo di problematiche e/o inefficienze radicate all’interno dell’organizzazione. 

Conoscere il proprio employee retention rate e analizzarne le cause può consentire all’organizzazione di agire tempestivamente per rimediare a eventuali problematiche o, al contrario, apprendere best practice per una costante ottimizzazione

  • Il primo passo per calcolare il tasso di employee retention è stabilire il numero di dipendenti che sono rimasti in azienda lungo un periodo prestabilito di tempo. 

Questo dato può essere ottenuto sottraendo il numero di lavoratori che hanno abbandonato l’azienda nell’arco temporale prescelto al numero totale di lavoratori che erano invece assunti all’inizio del periodo di riferimento. 

dipendenti che sono rimasti in azienda = (dipendenti assunti ad inizio del periodo preso in esame - dipendenti che hanno lasciato nel periodo di riferimento).

  • Ottenuto questo primo dato si può poi ottenere l’employee retention rate.  In che modo? Dividendo il numero dei dipendenti presenti all’inizio del periodo di riferimento per quello dei lavoratori rimasti in aziende, per poi moltiplicare il risultato ottenuto per il coefficiente 100

Employee retention rate [(numero dei dipendenti rimasti in azienda) / (totale dei dipendenti)]*100

Per esempio, ipotizziamo che ad inizio di gennaio, un’azienda abbia 350 dipendenti sotto contratto. Durante il mese, 20 lavoratori decidono di rassegnare le dimissioni. 

Alla fine di gennaio, la forza lavoro è quindi composta da 330 lavoratori (350-20=330).

Ora, per ottenere l’employee retention rate, si deve dividere il numero di lavoratori che sono rimasti in azienda per il totale dei dipendenti presenti ad inizio di gennaio e poi moltiplicare questo numero per 100.  

330:320=0,9428
0,9428*100=94,28%

Nel caso in esame, l’employee retention rate per il mese di gennaio è del 94,28%.

perché l'employee retention è importante: il costo del turnover in azienda.

Il dato sul turnover del personale indica il numero di persone che abbandonano l’azienda lungo un periodo di tempo prestabilito. È quindi da considerare come l’altra faccia della medaglia dell’employee retention.

Nel corso degli anni diverse ricerche hanno sottolineato il notevole impatto che il turnover del personale ha sulle imprese. Sostituire un dipendente che ha abbandonato l’azienda va ben oltre l’esborso necessario per coprire lo stipendio del nuovo lavoratore. 

Al conto vanno infatti aggiunte anche le spese sostenute per l’iter di selezione e valutazione dei profili, il tempo necessario per formare la nuova risorsa e tanti altri costi non immediatamente tangibili, ma che comunque impattano su bilancio e produttività

Non bisognerebbe infatti trascurare in questo esame la perdita di conoscenze ed esperienze legate ad un lavoratore che se ne va.

Comprendere cosa spinge le proprie persone a restare in azienda e cosa a lasciarla consente di strutturare un piano di retention dei dipendenti efficace, che consenta all’azienda di disporre delle persone con le giuste competenze per sostenere gli obiettivi di business. 

Tra gli aspetti da considerare vi sono inoltre le azioni che l’azienda può intraprendere per garantire l’assunzione di persone con i giusti valori, attitudini e competenze. 

Oltre a mettere in campo le giuste strategie di talent retention, infatti, assicurare fin da subito un buon allineamento tra azienda e dipendente può contribuire a creare rapporti proficui e di lunga durata e diminuire, di conseguenza, il turnover del personale. 

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quali sono i fattori che spingono ad abbandonare un'azienda?

Secondo la Randstad Employer Brand Research, oltre un italiano su tre ha cambiato lavoro o intende farlo a breve.

  •  Il 13% ha lasciato il proprio datore di lavoro negli ultimi 6 mesi (in aumento del +2% rispetto allo scorso anno)
  •  il 24% intende lasciarlo (+1%)
  • con una maggiore incidenza tra i 25-34enni e le persone con un'istruzione superiore

La principale motivazione per cambiare lavoro è economica: il 40% degli intervistati ha lasciato o lascerebbe il proprio impiego attuale per ottenere un aumento di stipendio in relazione al costo della vita. Ma non solo:

  • il 36% lascerebbe il datore di lavoro attuale per un miglioramento dell'equilibrio vita-lavoro
  • il 28% per l’assenza di opportunità di crescita
  • il 18% per carenza di interesse verso il proprio lavoro e/o una scarsa offerta di vantaggi e benefit
  • il 16% per mancanza di stabilità finanziaria dell’organizzazione 
  • sempre il 16% per la distanza dal luogo di lavoro 
  • il 13% per un cattivo rapporto con i manager
  • il 12% per insufficienti opzioni di lavoro flessibile
  • il 10% a causa di una leadership carente 

Dati confermati anche dalla ricerca Randstad Workmonitor  secondo cui, di fronte allo spettro di una possibile crisi economica e all’aumento dell’inflazione, i dipendenti chiedono più sicurezza occupazionale e stabilità finanziaria, ma non rinunciano a ricercare flessibilità organizzativa e un ambiente di lavoro di cui condividano i valori. Oggi:

  • il 66% non accetterebbe un nuovo lavoro se non offrisse un inquadramento come dipendente
  • il 60% se non offrisse uno stipendio più elevato
  • il 58% se influisse negativamente sull’equilibrio vita-lavoro
  • il 48% se non sentisse senso di appartenenza
  •  il 41% se l'organizzazione non si stesse impegnando in maniera proattiva per migliorare la diversità e l'equità, il 40% se non si stesse impegnando per essere più sostenibile, il 35% se non fosse in linea con i suoi valori su questioni sociali ed ambientali.

Nonostante le richieste dei lavoratori, molte aziende si rivelano ancora carenti nel rispondere ai loro desideri e necessità:

  • il 37% dei lavoratori afferma che lo stipendio non garantisce di vivere come vorrebbe (il 5% in più rispetto ad un anno fa). 
  • Il 45% delle organizzazioni offre già flessibilità oraria (e il 27% l’ha introdotta nell’ultimo anno), ma siamo ancora 8 punti sotto la media globale. Il 44% offre flessibilità di luogo (e il 25% l’ha introdotta nell’ultimo anno), 6 punti in meno della media globale.

come controllare l'average employee retention rate?

Per migliorare la employee retention, è innanzitutto necessario assicurare un'esperienza positiva ai talenti che entrano in contatto con l’azienda. La prima impressione che il candidato suscita nei confronti del recruiter è di estrema importanza, allo stesso modo è fondamentale anche quella che l'azienda e l’ambiente di lavoro (work environment) riesce ad evocare nella potenziale risorsa.

L'attenzione per questi dettagli, però, non va ovviamente trascurata nel momento in cui il lavoratore viene assunto. È anzi cruciale impegnarsi per garantire un’esperienza positiva al lavoratore, dal primo contatto con l’azienda, fino all’eventuale uscita dalla stessa.  

Questo non si tradurrà in un 100% di employee retention rate: un minimo di turnover è comunque inevitabile. Ciononostante, anche qualora alcune risorse dovessero abbandonare il team, la loro esperienza resterà comunque positiva, e sarà condivisa anche all'esterno, a favore dell’employer branding e della brand reputation

trattenere i dipendenti in azienda: cos'è un retention plan e come si struttura.

Per strutturare una strategia di employee retention efficace è necessario pianificare tutti gli elementi e le attività che andranno messi in campo per raggiungere l’employee retention rate desiderata. Nello specifico:

  • come per ogni buona strategia, il piano di retention dei dipendenti dovrà essere costruito partendo, e sulla base, dall’analisi dei dati relativi alle proprie persone. Ogni azione dovrà essere impostata tenendo conto degli obiettivi di business e di come le politiche relative alla gestione delle risorse umane possano contribuire al loro raggiungimento.
  • analizzata la situazione di partenza e compresi gli obiettivi che si desidera raggiungere, dovranno essere messe in campo le strategie di fidelizzazione dei dipendenti individuate sulla base delle necessità e aspettative dei talenti. Ad esempio, dall’analisi potrebbe emergere un elevato livello di turnover e una percezione negativa dei dipendenti nei confronti del proprio work-life balance. In questo caso l’azienda potrebbe impostare politiche e azioni volte a favorire un maggiore benessere, equilibrio e flessibilità come, ad esempio politiche di lavoro ibrido, servizi di welfare aziendale e così via.
  • una volta messo in campo il proprio retention plan, i responsabili HR dovranno monitorare costantemente i kpi HR per valutare la bontà delle strategie e agire tempestivamente dove necessario.

Ogni azienda dovrà individuare il mix di strategie migliori per la propria realtà. Non esiste infatti un retention plan che possa definirsi valido per ogni organizzazione, ma tutto dipenderà dalla caratteristiche specifiche dell'organizzazione e delle persone che ne fanno parte.

Nonostante ciò, esistono alcuni aspetti e trend che caratterizzano il mondo HR e che possono costituire una buona base di partenza.

le migliori strategie di employee retention.

L’Employer Brand Research rivela che il 13% dei lavoratori ha cambiato datore di lavoro negli ultimi 6 mesi. Parliamo dei cosiddetti switchers, persone prevalentemente tra i 25 e i 34 anni, con un’istruzione elevata. 

Il 24% prevede invece di cambiare datore di lavoro nei prossimi 6 mesi (intenders). 

 Vediamo dunque quali sono le employee retention strategies in grado di determinare un maggior coinvolgimento e una maggiore fidelizzazione dei dipendenti.

ottimizzare l'esperienza dei lavoratori per ridurre il turnover e  favorire l’employee retention.

Per il 60,5% dei lavoratori l’attributo più importante è una buon equilibrio tra vita privata e professionale. Seguita da un’atmosfera di lavoro piacevole (57,5%).

Sono quindi questi i due aspetti sui quali puntare, in primis, per ottimizzare l’esperienza dei lavoratori e ridurre così il turnover. Da tenere in considerazione anche retribuzione e benefit, rilevanti per il 54,5% sicurezza del posto di lavoro (51%) e visibilità del percorso di carriera (47%).

migliorare le relazioni azienda/dipendente.

Un’attenzione particolare va dedicata alla relazione con le risorse umane, che deve essere curata e coltivata nel corso del tempo. I lavoratori, in questo periodo storico, necessitano di una maggiore rassicurazione. Secondo quanto rivelato dall’Employer Brand Research il 29% dei lavoratori che temono di perdere il lavoro, prevede di cambiarlo. Le donne (31%) temono di perdere il lavoro più degli uomini (21%). Questo timore diminuisce con l'età e il livello di istruzione. 

Un modo per migliorare la relazione con i dipendenti consiste nel coinvolgerli attivamente nelle decisioni aziendali, a diversi livelli. Anche quando lavorano in smart working, è fondamentale prevederedei momenti di condivisione quotidiani, perché il rischio è che in queste circostanze si crei una maggiore distanza. Lavorare sulla motivazione e premiare sempre i successi dei dipendenti, in modo che possano sempre sentirsi parte attiva e fondante della realtà aziendale.

offrire massima flessibilità.

Nell’era dello smart working, la flessibilità è migliorata per gli italiani, ma non come dovrebbe. Secondo il Randstad Workmonitor la flessibilità di orario è rilevante nel per l’83% degli italiani, quella di luogo per il 72% Ma le aziende la offrono solo nel 45% dei casi per l’orario e nel 44% per il luogo. Il risultato è che il 23% dei lavoratori ha già lasciato un lavoro che non offriva, secondo il loro giudizio, una sufficiente flessibilità.

Prevedere, la dove possibile a seconda delle caratteristiche specifiche dell’azienda, possibilità di lavoro flessibile è dunque un aspetto fondamentale. Non solo per lasciare la possibilità alla proprie persone di decidere come organizzare il proprio lavoro, ma anche per garantire quello chè è il fattore di principale attrattività per l'azienda: un buon work-life balance.

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