proroga.

L’azienda sta attivando un ammortizzatore sociale, come può gestire le proroghe dei contratti che scadano nel corso della sospensione/riduzione dell’orario di lavoro?

I datori di lavoro che accedono agli specifici ammortizzatori sociali previsti per affrontare l’emergenza COVID-19, possono legittimamente procedere, nel medesimo periodo, al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione, così come previsto dall’art. 19 bis della Legge 24 aprile 2020, n. 27, di conversione del D.L. 17 marzo 2020, n.18, cd. Decreto Cura Italia. 

ferie.

L’azienda può chiedere al lavoratore lo smaltimento delle ferie?

E’ molto importante procedere allo smaltimento delle ferie, così come fortemente consigliato dai Decreti governativi.

Per smaltimento delle ferie, si intende il saldo delle ferie del 2019 o anche il maturando dell’anno in corso?

Certamente possono essere smaltite su indicazione dell’azienda tutte le ferie maturate e non godute del 2019; è importante far comprendere ai lavoratori l’importanza di utilizzare anche le ferie maturate e maturande nel 2020, per supportare l’azienda stessa in questo momento difficile.

Qualora il lavoratore somministrato ha esaurito le ferie utilizzabili, questo può essere un valido motivo per richiedere TIS in Deroga da parte di Randstad?

Certamente può essere un valido motivo per richiedere l’accesso alla TIS in Deroga. 

ammortizzatori sociali per i lavoratori somministrati.

Se l’azienda attiva un ammortizzatore sociale per i dipendenti diretti, a causa dell’emergenza sanitaria in corso, come devono essere gestiti i lavoratori somministrati?

Randstad comunicherà ai propri sindacati i nominativi dei lavoratori somministrati coinvolti, attivando uno speciale Trattamento di Integrazione Salariale (TIS) che prevede il pagamento dell’80% della retribuzione, a carico del Fondo di Solidarietà bilaterale di settore*.

Tale strumento potrà essere richiesto anche per i somministrati che non abbiano ancora maturato i 90 giorni di anzianità normalmente richiesti.

L’azienda ha dovuto interrompere l’attività a causa di uno dei provvedimenti nazionali emanati a fronte dell’emergenza covid 2019 ma non può accedere ad un ammortizzatore sociale: come vengono gestiti i lavoratori somministrati? 

In questo caso Randstad potrà attivare nei confronti di questi lavoratori un particolare strumento di ammortizzazione sociale, la TIS in Deroga, che prevede la retribuzione pari all’80% a carico del Fondo di Solidarietà di settore*, previa sottoscrizione di un Accordo sindacale con le proprie oo.ss.

Tale strumento potrà essere richiesto anche per i somministrati che non abbiano ancora maturato i 90 giorni di anzianità normalmente richiesti.

Nel caso in cui Randstad attivi il proprio ammortizzatore sociale, quali sono i costi che il fondo di solidarietà di settore non sostiene e che devono essere sostenuti dall’utilizzatore?

Il Fondo di solidarietà di settore non rimborsa il rateo di TFR e la contribuzione dovuta per Formatemp, Ebitemp (4,20% della retribuzione) e copertura assicurativa INAIL.

Nel caso in cui l’accordo dell’utilizzatore preveda una maturazione aggiuntiva dei ratei per le ore coperte da ammortizzatore (13, 14, ferie, permessi), tale costo non può essere rimborsato dal Fondo di solidarietà di settore e pertanto resta a carico dell’utilizzatore stesso.

*Il Fondo di Solidarietà di settore è un fondo a capienza, pertanto ad esaurimento delle risorse: l’erogazione dell'ammortizzatore è, quindi, subordinata alla disponibilità dei fondi stessi.

gestione delle assenze.

L’assenza del lavoratore che non è giustificata, ma che derivi esclusivamente da una sua scelta per il solo timore di recarsi al lavoro può essere valutata disciplinarmente?

L’azienda utilizzatrice, dopo aver garantito l’adozione delle misure di prevenzione e contenimento del contagio previste dalla normativa sull’emergenza coronavirus, può valutare disciplinarmente l’assenza del lavoratore che risulterà, quindi, ingiustificata.

L’azienda utilizzatrice può decidere unilateralmente la riduzione d’orario dei dipendenti?

La riduzione dell’orario di lavoro non è una facoltà esercitabile unilateralmente. L’azienda utilizzatrice dopo aver pianificato la fruizione delle ferie relative almeno all’anno precedente, dovrà valutare l’apertura di un ammortizzatore sociale.

attività consentite.

Alla luce del D.L. 16 maggio 2020 n. 33, quali attività produttive o commerciali possono proseguire o ripartire con la propria attività?

A partire dal 18 maggio 2020, è prevista la riapertura delle attività economiche, produttive e sociali, a condizione che siano svolte nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali.

In assenza di provvedimenti regionali trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale.

Eventuali misure limitative delle possono essere attuate, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, tramite Dpcm (ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020) o attraverso provvedimenti derogatori da parte delle Regioni.

Il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli o delle linee guida, regionali, o, in assenza, nazionali, che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell'attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.

privacy.

La rilevazione della temperatura ai dipendenti/collaboratori costituisce un trattamento di dati personali?

Si. E’ una informazione ulteriore rispetto al dato anagrafico, pertanto è fondamentale che la raccolta del dato avvenga in conformità con quanto stabilito dalla normativa privacy vigente. Dalla misurazione della temperatura potrebbero anzi derivare informazioni sullo stato di salute

Le imprese possono controllare la temperatura ai dipendenti/collaboratori?



Si. Il personale, prima dell’accesso al luogo di lavoro potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea.

Se tale temperatura risulterà superiore ai 37,5°, non sarà consentito l’accesso ai luoghi di lavoro.

La rilevazione in tempo reale della temperatura corporea costituisce tuttavia un trattamento di dati personali e, pertanto, deve avvenire ai sensi della disciplina privacy vigente.

Le imprese quali misure devono attuare qualora decidano di rilevare la temperatura?

Non devono registrare il dato acquisto qualora la stessa sia inferiore o uguale a 37,5°.

Possono identificare l’interessato e registrare il superamento della soglia di temperatura solo qualora sia necessario a documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso ai locali aziendali.

Dovranno inoltre fornire una informativa privacy.



Quale deve essere il contenuto dell’informativa fornita contestualmente alla misurazione della temperatura e alla sottoposizione del questionario?

L’informativa deve riportare, in particolare: la finalità di prevenzione del contagio, la base giuridica del trattamento, l’indicazione della conservazione dei dati sino alla durata dell’emergenza sanitaria e della condivisione solo con chi sia previsto dalla legge (es. Asl per ricostruire i contatti).

L’informativa Privacy può essere fornita anche oralmente?



Si. L’informativa può essere fornita anche oralmente e può omettere le informazioni di cui l’interessato sia già in possesso.

Ove possibile si consiglia di pubblicare una informativa privacy estesa sulla intranet aziendale e/o di apporne una copia all’ingresso dei locali (dove viene rilevata la temperatura).

Le imprese possono comunicare ai colleghi i nominativi dei contagiati?

No. Questa comunicazione non è consentita in quanto non conforme ai principi di proporzionalità e di riservatezza.

Tuttavia, si ritiene ammissibile la comunicazione da parte del datore di lavoro di casi di contagio nella propria organizzazione al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei propri dipendenti, purché la comunicazione sia fatta in modo da non identificare il lavoratore interessato.

Le aziende possono richiedere autodichiarazioni ai dipendenti e ai collaboratori?

Si. Tuttavia, come stabilito dal “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti lavoro” del 14 marzo 2020, ciò è possibile solo qualora oggetto delle domande siano unicamente i dati necessari, adeguati e pertinenti rispetto alla prevenzione del contagio da COVID-19.

Quali possono essere le informazioni richieste con i questionari ai dipendenti o ai collaboratori?

Il datore di lavoro può richiedere il rilascio di una dichiarazione attestante la non provenienza dalle zone a rischio epidemiologico e l’assenza di contatti, negli ultimi 14 giorni, con soggetti risultati positivi al COVID-19. Dovranno essere richiesti dati adeguati, pertinenti e necessari.

Ad es. non è possibile raccogliere informazioni quali l’identità della persona risultata positiva né informazioni aggiuntive in merito alle specificità dei luoghi.

Il comunicato del Garante Privacy del 02/03/2020 sembra essere parzialmente in contrasto con il Protocollo del 14/03/2020. A quale documento le aziende devono fare riferimento?

Premesso che si tratta di atti emessi in momenti differenti dell’emergenza non vi è un reale contrasto tra essi: il comunicato del Garante, esclude azioni “fai-da-te” e vuole scongiurare una raccolta indiscriminata d’informazioni. Il Protocollo chiarisce in modo più dettagliato modalità e criteri per procedere al trattamento.

L’azienda può inviare una Survey a tutta la popolazione aziendale chiedendo se si è positivi al Covid-19?

No, non può essere inviata una survey, indistintamente, a tutta la popolazione aziendale. L’azienda potrà solo richiedere autodichiarazioni individuali (si veda Protocollo del 14 marzo) e raccogliere eventuali segnalazioni da parte dei lavoratori, anche creando canali di comunicazione dedicati.

Quali ruoli aziendali possono trattare in azienda i dati acquisti con i questionari?

Il Comunicato del Garante per la Protezione dei dati personali ed il Protocollo hanno precisato che la finalità di prevenzione deve essere svolta da soggetti che istituzionalmente esercitano queste funzioni in modo qualificato, consentendo, inoltre, il coinvolgimento dell’ufficio Human Resources.

I soggetti qualificati e identificati in tal senso dovranno essere in numero estremamente limitato e dovranno avere ricevuto idonee istruzioni sul tema (es. medico competente, RSPP, ufficio HR).

La misurazione della temperatura in azienda è una facoltà o un obbligo?

E’ una facoltà. Il Protocollo del 14.03.2020 stabilisce, infatti, che “il personale, prima dell’accesso al luogo di lavoro potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea”. Talune ordinanze regionali hanno invece successivamente raccomandato questa prassi. Per il personale sanitario hanno previsto un obbligo di monitoraggio della temperatura.

Il datore di lavoro può geolocalizzare i dipendenti?

Non è possibile a fini di prevenzione del Covid-19 e soprattutto non spetta al datore di lavoro.

E’ opportuno segnalare che il 16 marzo il Comitato Europeo per la Protezione dei Dati Personali (EDPB) è intervenuto con un comunicato stampa, ricordando i presupposti giuridici e le modalità lecite per utilizzare la geolocalizzazione quale misura di prevenzione dal Covid-19. Il legislatore potrebbe introdurre ulteriori misure legislative per la sicurezza nazionale e pubblica.

E’ possibile raccogliere informazioni sulle patologie pregresse dei dipendenti/collaboratori?

No. Questo tipo di attività, rientrando nella sorveglianza sanitaria sul luogo di lavoro, potrà essere svolta dal medico competente del lavoro. Quest’ultimo, quindi, provvederà a valutare patologie attuali o pregresse dei dipendenti e a segnalare all’azienda situazioni di particolare fragilità nella tutela e nel rispetto della privacy. Il medico competente applicherà le indicazioni delle Autorità Sanitarie.

E’ possibile investigare sugli spostamenti dei dipendenti/collaboratori?

Non è possibile a fini di prevenzione del Covid-19 e soprattutto non spetta al datore di lavoro. Il datore di lavoro può richiedere il rilascio di una dichiarazione attestante la non provenienza dalle zone a rischio epidemiologico, ma non può richiedere informazioni sulla specificità dei luoghi.

La possibilità di effettuare investigazioni nei confronti dei dipendenti è riconosciuta soltanto in specifiche ipotesi (es. accertamento di illeciti del dipendente, violazione del principio di fedeltà, ecc..).

I dati acquisiti con i questionari possono essere diffusi indiscriminatamente per finalità di sicurezza?

No. Ai sensi dell’art. 2-septies del Codice Privacy, i dati relativi alla salute non possono essere oggetto di diffusione.

Nel contesto attuale è ammessa solo la comunicazione alle competenti autorità sanitarie ed ai soggetti indicati all’interno dei diversi provvedimenti emanati dal Governo.

Il datore di lavoro può comunicare alla ASL i casi accertati o presunti di Covid-19?

Si. La comunicazione è richiesta qualora una persona presente in azienda sviluppi febbre e sintomi di infezione respiratoria quali la tosse, ciò al fine di permettere alle autorità di applicare le necessarie e opportune misure di quarantena.

E’ possibile condividere con clienti e fornitori lo stato di quarantena di un dipendente?

No, in quanto non conforme ai principi di proporzionalità e di riservatezza. Tuttavia, al fine di tutelare la salute e la sicurezza di personale alle dipendenze dei clienti e fornitori con cui la persona contagiata abbia avuto contatti, si ritiene ammissibile la comunicazione di casi di contagio nella propria organizzazione, in modo da non identificare - neppure indirettamente - il lavoratore interessato. La ricostruzione della filiera di contagio è di competenza esclusiva dell’autorità.

E’ possibile richiedere ad un dipendente se ha effettuato il Tampone?

No. Le uniche informazioni acquisibili dal datore di lavoro sono quelle indicate all’interno del Protocollo del 14 marzo 2020.

Questo dato, tuttavia, ben potrebbe essere raccolto e trattato dal medico competente del lavoro in sede di sorveglianza sanitaria.

Non si escludono, però, ulteriori previsioni specifiche da parte del Governo per taluni settori (es. sanitario).

Il datore di lavoro ha il diritto di sapere se un suo dipendente/collaboratore è positivo al Covid-19?

Si. Ciò in quanto il datore di lavoro ha il dovere di ottemperare ai propri obblighi in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Pertanto, il dipendente ha l’obbligo di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Anche la competente autorità sanitaria provvede a fornire tale informazione al datore di lavoro, attraverso apposita comunicazione.

Vanno applicate le misure di sicurezza tipicamente previste per i dati sanitari anche alle informazioni raccolte attraverso i questionari e la rilevazione della temperatura?

Si. Nei dati personali relativi alla salute “dovrebbero rientrare tutti i dati riguardanti lo stato di salute dell'interessato che rivelino informazioni connesse allo stato di salute fisica o mentale passata, presente o futura dello stesso”, nonché “qualsiasi informazione riguardante, ad esempio, il rischio di malattie”(cfr. art. 4 e Considerando 35 del GDPR). Andranno quindi applicate le misure di sicurezza richieste per il trattamento dei dati sanitari.

E possibile raccogliere dati di contatto personali dei dipendenti per avvisarli in breve tempo in caso di chiusura delle attività?

Si. Il lavoratore può fornire i propri dati di contatto personali. In alcuni Paesi (es. Austria) è stata ammessa la pratica di raccogliere attraverso un modello nome, cognome, numero di telefono (privati) ed email dei propri dipendenti al fine di effettuare comunicazioni (più o meno tempestive) in merito ad eventuali situazioni di contagio all'interno della propria organizzazione. Ciò al fine di prevenire forme di contagio.

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