Uno dei fenomeni forse più difficili da identificare, ma al contempo più pervasivi e diffusi negli ultimi tempi all’interno delle aziende, è quello del quiet quitting. Un fenomeno che segue e si accosta a quello delle Great Resignation, ma che non prevede, come in questo caso, un vero e proprio abbandono del proprio lavoro.

Ma che cosa si intende dunque con questa espressione? 

Nato da un trend social, il quiet quitting è la tendenza a fare il “minimo indispensabile” sul posto di lavoro, con l’obiettivo di dedicare tempo, energie e risorse ad altro. 

Una scelta che si verifica anche a causa di un contesto lavorativo insoddisfacente dal punto di vista del coinvolgimento, dei valori condivisi, dei contenuti, dell’equilibrio tra lavoro e vita privata o delle relazioni. 

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ragazzo passeggia per strada
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cosa si intende per quiet quitting: significato e traduzioni.

Letteralmente, l’espressione quiet quitting si può tradurre con “abbandono silenzioso”  o “dimissioni silenziose”. Queste traduzioni non rendono però in modo chiaro il significato del termine, che esprime un concetto un po’ più complesso.

L’espressione quiet quitting è un neologismo che si è diffuso soprattutto grazie a Tik Tok. Infatti, riguarda prevalentemente le generazioni più giovani, in particolare la generazione z, anche se il concetto al quale rimanda non è del tutto nuovo.

Chi pratica il quiet quitting sceglie consapevolmente di dedicare al lavoro uno spazio, un tempo, un ammontare di energie preciso e determinato. Senza fare quel “passo” in più, senza quella spinta a dare il massimo, senza fare spazio all’attività lavorativa nella propria vita privata.

In pratica, questa volontà si traduce nel rispettare i tempi dell’orario di lavoro e i termini del contratto, evitando attività extra e straordinari. 

Ci si limita a svolgere i compiti previsti ma non ci si sforza per offrire un contributo ulteriore, anche con la volontà di fare un salto di carriera. Si evita tendenzialmente di esprimere le proprie opinioni e di prendere parte a riunioni e discussioni non strettamente necessarie allo svolgimento della propria attività. 

Si stabiliscono dei confini: il lavoro ha un inizio e una fine. Non si fanno eccezioni. 

quali sono le cause del quiet quitting.

Le cause del quiet quitting sono molteplici. Dal punto di vista dei cambiamenti in corso a livello macro, il quiet quitting rientra tra quei fenomeni che esprimono la necessità delle persone di dedicarsi maggiormente a sé stesse, ai propri bisogni, ai propri legami.

Oggi si dà un valore diverso al tempo e alla qualità delle esperienze e il lavoro non è più la priorità assoluta nella costruzione del proprio percorso di vita e nel raggiungimento dei propri obiettivi.

Siamo di fronte dunque ad un cambiamento molto profondo, che ribalta completamente il mito, soprattutto statunitense, di una vita dedicata al lavoro. 

Si è osservato infatti che tale mito è all’origine di fenomeni di forte stress, addirittura di burnout e di esaurimento nervoso. I giovani, in particolare, non sono più disponibili a mettere in discussione la propria salute, fisica e mentale, il proprio benessere e la propria felicità per un lavoro. Al contrario, le persone ricercano una maggiore qualità della vita che, inevitabilmente, deve essere associata a quella del lavoro.

Arriviamo dunque ad un’altra causa del quiet quitting, che si somma alle precedenti ed è però da attribuire alle carenze e ai limiti delle aziende e dei datori di lavoro. 

Le organizzazioni che non hanno compreso questi radicali cambiamenti e che si ostinano a rimanere fedeli ad un modello di lavoro ormai superato - rigido e autoritario - osserveranno con molta più frequenza fenomeni di quiet quitting tra i propri dipendenti. 

Una delle cause principali è dunque l’assenza di dirigenti in grado di ascoltare le esigenze dei dipendenti, di instaurare con loro un dialogo costante e costruttivo e offrire risposta alle nuove esigenze e aspettative.

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quiet quitting, un’alternativa alla great resignation.

La great resignation, ovvero le grandi dimissioni, è un altro dei fenomeni frequenti nel contesto storico attuale. Si tratta però di un gesto più radicale: le persone si licenziano, anche di punto in bianco (e non sempre con un piano b a disposizione) spinte dalla forte esigenza di recuperare tempo, spazio, energie per sé stesse.

In base ai dati della Randstad Employer Brand Research:

  • il 13% degli intervistati ha lasciato il posto di lavoro negli ultimi 6 mesi
  • il 24% ha intenzione di cambiarlo nei primi sei mesi del 2023. 

Questi dati confermano una tendenza già in corso nell'anno precedente, in lieve crescita (e più marcata tra i giovani e le persone con un elevato grado di istruzione).

Una scelta del genere deriva quasi sempre anche dalla mancanza di coinvolgimento nell’attività lavorativa che si svolge. Talvolta può arrivare come passo successivo al quiet quitting, oppure può presentarsi in alternativa ad esso, senza passare da questa fase. 

Al contempo, non è detto che il quiet quitting si evolva nella scelta di dimettersi. Più spesso i due fenomeni sono alternativi. 

quiet quitting: perché preoccupa le aziende.

Il quiet quitting preoccupa le aziende perché una squadra poco motivata, poco coinvolta e non fidelizzata non è una risorsa sulla quale puntare e poter contare. 

Ne risente l’immagine dell’azienda, perché i dipendenti in quiet quitting non sono sicuramente ambasciatori in grado di generare un passaparola positivo. 

Ne risente il business aziendale perché i quiet quitter non portano soluzioni innovative, non stimolano la crescita dell’azienda, non sono propensi al cambiamento. 

Se in azienda molti dipendenti adottano questo modello, si va avanti facendo il minimo necessario per non affondare. Ma in un mercato altamente competitivo, chi non fa nulla per emergere rischia di restare inesorabilmente indietro rispetto a tutti gli altri. 

come gestire il quiet quitting?

La buona notizia è che il quiet quitting può essere affrontato e gestito. 

Certo, è indispensabile prenderne coscienza, munirsi delle risorse necessarie e investire tempo ed energie. Ma la situazione, nonostante le tendenze in atto, può essere recuperata. 

Quello di cui non si può fare a meno nella gestione del quiet quitting, in ogni caso, è la disponibilità del datore di lavoro a mettersi in discussione e ad apportare cambiamenti, anche radicali, alla propria organizzazione e alla gestione delle proprie persone.

I passaggi obbligati sono tre:

  1. stabilire gli obiettivi
  2. creare una cultura human-centric che promuova dialogo e confronto
  3. migliorare l’employee experience e l’engagement

 

stabilire gli obiettivi.

Il primo passo da compiere per gestire il quiet quitting è stabilire gli obiettivi che si vogliono raggiungere. 

Non si può chiedere ai dipendenti di fare e dare di più se non si sa dove si vuole arrivare. 

Si deve quindi strutturare una strategia di crescita che sia ambiziosa, ma realistica, e condividerla con tutti i dipendenti, ad ogni livello. 

Non bisogna però commettere l’errore di pensare di poter arrivare subito all’obiettivo finale: vanno infatti stabilite:

  • delle tappe intermedie
  • un percorso da seguire
  • un piano per emergere dalla stagnazione, in caso si verifichi, e cambiare rotta, un passo per volta. 

 

creare una cultura human-centric che promuova dialogo e confronto.

Come abbiamo visto, il quiet quitting è spesso espressione di un’insoddisfazione dei dipendenti verso il proprio lavoro o l'azienda nel quale viene svolto. 

Per questo motivo, nello stabilire obiettivi e roadmap, è essenziale adottare un approccio che metta al centro le persone, la loro esperienza, il loro benessere e la loro soddisfazione. 

Tutto ciò si traduce nella necessità di promuovere una cultura del dialogo e del confronto tra dipendenti e dirigenti. 

I responsabili devono quindi prendersi tempo per ascoltare i propri collaboratori, cosa li motiva e cosa, al contrario, rende il loro lavoro frustrante o poco motivante. Un’ essenziale punto di partenza per apportare azioni correttive, laddove necessario. 

Questo, ad esempio, potrebbe avvenire sottoponendo dei questionari di soddisfazione, pianificando momenti d’incontro a scadenza fissa, parlando con loro anche nei momenti informali, al di fuori delle occasioni prestabilite e soprattutto richiedendo sempre, con costanza, il loro feedback

Osservando i dati della Randstad Employer Brand Research, infatti, emerge che un buon rapporto con i manager e con i colleghi è molto importante per il 91% degli intervistati. 

È questo il benefit non materiale più apprezzato.

 

migliorare l’employee experience e il coinvolgimento dei dipendenti.

Il coinvolgimento dei dipendenti è una condizione necessaria per evitare o limitare il quiet quitting, ma è ancora un obiettivo difficile da raggiungere: in Europa solo il 14% dei lavoratori si sente coinvolto nella propria attività lavorativa (report “State of the global workplace 2022” di Gallup). 

Come si può dunque far sì che i dipendenti si sentano più coinvolti? Offrendo loro una talent experience di valore. 

Secondo quanto riportato dal Talent Trends Report di Randstad Sourceright, infatti, questo è uno dei principali trend per le HR nel 2023. 

Per una migliore talent experience le aziende dovranno dunque valorizzare, la cultura, i valori e gli obiettivi aziendali, come sostenibilità, diversità e trasparenza, ma anche:

  • promuovere l'esperienza dei dipendenti sviluppando iniziative che prevedano il loro contributo
  • fornendo feedback regolari
  • favorendo la collaborazione tra tutti i tipi di talenti come esercizio di creazione di relazioni.

Altrettanto fondamentale, dare ascolto a quelli che sono i desideri e le necessità dei lavoratori. Elementi che fanno la differenza nella scelta di un nuovo datore di lavoro o nella decisione di lasciare il proprio impiego. 

work-life balance e benessere.

Secondo quanto emerso dalla Randstad Employer Brand Research, l’elemento più importante per i lavoratori è il bilanciamento tra lavoro e vita privata (60,5%). Seguito da un’atmosfera di lavoro piacevole (57,5%). 

Di conseguenza, questo si traduce nella necessità di garantire una giusta flessibilità ai propri dipendenti, magari anche grazie a smart working o politiche di lavoro ibrido

Per migliorare la soddisfazione dei dipendenti, inoltre, è necessario garantire un buon livello di benessere sul posto di lavoro. Aspetto che riguarda gli ambienti, ma anche, e soprattutto, il clima aziendale.

benefit materiali e immateriali.

Non vanno dimenticati i benefit, materiali ed immateriali. Secondo le ricerche, questi sono un elemento essenziale per i lavoratori oggi (l’81% per entrambi). In particolare, una buona offerta di benefit dovrebbe includere (oltre ad una retribuzione adeguata):

  • un buon rapporto con i propri manager (91,3%)
  • una buona relazione con i colleghi (91,1%)
  • un luogo di lavoro comodo/vicino a casa (91%)
  • un’organizzazione flessibile (90%)
  • l’autonomia nella gestione del ruolo (90%)
  • più tempo libero (87,5%)
  • spazi di lavoro moderni (87%)

formazione e sviluppo. 

Anche le opportunità di formazione e sviluppo sono un elemento essenziale per il coinvolgimento e la soddisfazione dei talenti. In particolare l’offerta di opportunità di riqualificazione e/o miglioramento delle competenze, importante per l’82% dei dipendenti italiani. 

quiet quitting - conclusioni.

In sintesi, il quiet quitting, ovvero la tendenza dei dipendenti a ridurre l'impegno sul lavoro, a causa di un contesto insoddisfacente o di relazioni poco soddisfacente, rappresenta un fenomeno emergente che richiede l'attenzione delle aziende. 

Infatti, una popolazione aziendale poco motivata e coinvolta limita l'innovazione, la crescita aziendale e può avere ripercussioni negative sulla capacità di attrarre nuovi talenti e trattenere i professionisti in azienda. Un aspetto cruciale in un mondo del lavoro altamente competitivo.

Per gestire il quiet quitting è necessario che i datori di lavoro si mettano in discussione e apportino cambiamenti significativi all'organizzazione e alla gestione delle persone.

In primo luogo, questo significa creare una cultura umano-centrica, in cui il benessere, l'esperienza e la soddisfazione delle persone guidino tutte le scelte aziendali.

Affrontare il quiet quitting richiede impegno e investimenti, ma è un passo necessario per la crescita e l'evoluzione delle aziende.  

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