Il TFR, acronimo di Trattamento di Fine Rapporto, è una somma di denaro che il datore di lavoro accantona ogni mese a favore del dipendente e che viene liquidata al termine del rapporto di lavoro, qualunque sia il motivo della cessazione. 

I lavoratori dipendenti del settore privato, al momento della prima assunzione o comunque entro 6 mesi dalla stessa, sono chiamati a fare una scelta importante: lasciare il TFR in azienda (o presso il Fondo di Tesoreria INPS, nel caso di aziende con almeno 50 dipendenti) o versarlo in un Fondo Pensione?

Questa decisione può avere un impatto determinante sul proprio futuro finanziario perché influisce su fattori quali rendimento, tassazione, sicurezza e possibilità di anticipo. Non esiste una soluzione valida per tutti: molto dipende dall’età del lavoratore, dalla sua propensione al rischio, dai suoi obiettivi previdenziali e dalla situazione economica personale.

Scopriamo nel dettaglio quali sono le due opzioni principali per la destinazione del TFR, mettendone in luce vantaggi, svantaggi e criteri utili per fare una scelta consapevole.

TFR in azienda o Fondo Pensione
TFR in azienda o Fondo Pensione

destinazione TFR.

Al momento della prima assunzione, ogni lavoratore dipendente del settore privato è chiamato a compiere una scelta importante: decidere dove destinare il proprio Trattamento di Fine Rapporto.

Per formalizzare questa scelta, il datore di lavoro consegna al dipendente un modulo specifico, il modello TFR2, che deve essere compilato e restituito entro sei mesi dall’assunzione.

Il lavoratore ha due possibilità: lasciare il TFR in azienda (o presso il Fondo di Tesoreria INPS, se l’azienda ha almeno 50 dipendenti) oppure destinarlo a un Fondo Pensione, cioè a una forma di previdenza complementare. 

Nel caso in cui si opti per il Fondo Pensione, è necessario specificare il nome del fondo scelto, indicare la data di adesione e allegare copia della documentazione relativa all’adesione stessa.

Nel caso in cui il lavoratore non esprima una preferenza entro il termine stabilito, scatta automaticamente il meccanismo del silenzio-assenso: il TFR viene versato al Fondo Pensione previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) di riferimento.

Se il CCNL prevede più Fondi, l’iscrizione avviene automaticamente a quello con il maggior numero di iscritti. Qualora, invece, il CCNL non indichi un Fondo specifico, il TFR viene destinato al fondo residuale individuato dalla legge, che attualmente è il fondo COMETA per i lavoratori dell’industria metalmeccanica, della installazione di impianti e dei settori affini.

È importante sottolineare che l’adesione a un Fondo Pensione è irrevocabile, mentre chi decide inizialmente di lasciare il TFR in azienda può rivedere questa scelta in qualsiasi momento e decidere di destinare le quote di TFR futuro a una forma di previdenza complementare.

In caso di un nuovo rapporto di lavoro, se il lavoratore aveva precedentemente scelto di lasciare il TFR in azienda, il datore di lavoro continuerà ad accantonarlo secondo la stessa modalità, salvo diversa indicazione. 

Al contrario, se in precedenza aveva aderito a un Fondo Pensione ma ha poi riscattato interamente la posizione maturata - ad esempio per cessazione dei requisiti di partecipazione - con la nuova assunzione dovrà decidere nuovamente entro sei mesi se lasciare il TFR in azienda o destinarlo a un Fondo Pensione: se non lo fa, alla scadenza del semestre, il TFR verrà automaticamente destinato a un Fondo di previdenza complementare secondo la regola del silenzio-assenso.

TFR in azienda: pro e contro.

Quando si sceglie di lasciare il TFR in azienda, la modalità di gestione dello stesso varia in base alla dimensione dell’impresa. Nelle aziende con meno di 50 dipendenti, il TFR viene accantonato e gestito direttamente dal datore di lavoro, che lo conserva fino al momento della liquidazione.

Nelle imprese con 50 o più dipendenti, invece, il datore di lavoro è tenuto per legge a versare mensilmente le quote di TFR maturato al Fondo di Tesoreria INPS, attraverso il modello F24. 

Al termine del rapporto di lavoro, il TFR può essere erogato in un’unica soluzione oppure suddiviso in più rate, a seconda di quanto concordato tra le parti. Nel caso di pagamento in un'unica soluzione, il lavoratore riceve l’intero importo maturato in un’unica tranche nell’ultima busta paga.

Se il Trattamento di Fine Rapporto è stato versato al Fondo di Tesoreria INPS, il datore di lavoro anticipa le quote di TFR maturato, liquidandole al lavoratore nell’ultima busta paga. Solo successivamente potrà recuperare quanto anticipato sotto forma di credito d’imposta, da utilizzare per compensare i versamenti contributivi all’INPS.

pro.

Scegliere di lasciare il TFR in azienda comporta alcuni vantaggi che possono risultare interessanti per molti lavoratori, soprattutto per chi ha una bassa propensione al rischio e desidera gestire con maggiore flessibilità le proprie risorse.

assenza di costi.

A differenza dell’adesione a un Fondo Pensione, che prevede sempre - seppur in misura contenuta - commissioni di gestione, il TFR lasciato in azienda non comporta alcuna spesa per il lavoratore. Non ci sono trattenute né oneri accessori e l’intera somma accantonata viene conservata senza alcuna erosione dovuta a costi amministrativi o di gestione.

prevedibilità del rendimento.

Il TFR accantonato in azienda - o, nel caso delle imprese con almeno 50 dipendenti, versato al Fondo di Tesoreria INPS - viene rivalutato ogni anno con un tasso pari a 1,5% fisso più il 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo ISTAT registrato rispetto a dicembre dell’anno precedente. 

Nel caso in cui il TFR sia gestito dal Fondo Tesoreria, le condizioni di rivalutazione sono identiche, ma l’onere della rivalutazione è a carico dell’INPS e non dell’azienda. In entrambi i casi, il lavoratore beneficia di un rendimento a basso rischio, senza esporsi alle incertezze dei mercati finanziari.

contro.

Nonostante i vantaggi, lasciare il TFR in azienda presenta anche alcune criticità, che devono essere valutate con attenzione prima di fare una scelta.

basso rendimento.

Sebbene la rivalutazione del TFR accantonato in azienda sia indicizzata all’inflazione, segue un meccanismo fisso che difficilmente permette al capitale di crescere in modo significativo nel lungo periodo.

Lasciare il TFR in azienda, quindi, potrebbe significare dover rinunciare a un incremento consistente del proprio capitale previdenziale, soprattutto se si hanno davanti molti anni di carriera.

rischio aziendale.

Nelle imprese più piccole, dove il TFR resta accantonato in azienda, esiste un rischio - seppur contenuto - che eventuali difficoltà economiche o situazioni di insolvenza possano compromettere la regolare erogazione della liquidazione. Pur trattandosi di un'ipotesi rara, è comunque un fattore di rischio che non può essere del tutto escluso, soprattutto nei contesti aziendali più fragili.

tassazione.

Il TFR lasciato in azienda (o versato al Fondo Tesoreria INPS) non viene tassato subito, ma solo al momento dell’effettiva erogazione, quando il lavoratore lascia l’azienda. In quel momento, si applica il regime della tassazione separata con aliquota media IRPEF degli ultimi cinque anni. Questo può risultare penalizzante perché l’aliquota non scende mai sotto il 23% e può raggiungere il 43%.

anticipo.

Chi decide di lasciare il TFR in azienda può richiedere un anticipo solo dopo 8 anni di anzianità aziendale e solo per finalità specifiche: spese sanitarie straordinarie o acquisto/ristrutturazione della prima casa per sé o per i figli. Anche in questi casi, l’importo anticipabile non può superare il 70% del montante maturato.

TFR nel Fondo Pensione: vantaggi e svantaggi.

Destinare il TFR a un Fondo Pensione significa aderire a una forma di previdenza complementare, pensata per integrare la pensione pubblica e offrire al lavoratore una maggiore stabilità economica in futuro. 

Il meccanismo è semplice: il datore di lavoro versa periodicamente la quota di TFR maturata nel Fondo scelto dal lavoratore. Quest’ultimo ha la possibilità di scegliere tra diversi profili di investimento, più o meno aggressivi, in base all’età, agli obiettivi previdenziali e alla propria propensione al rischio.

vantaggi.

Accantonare il proprio TFR in un Fondo Pensione può rivelarsi una scelta strategica, soprattutto per chi ha anni di carriera davanti e desidera valorizzare al massimo il capitale accumulato.

rendimento potenzialmente più elevato.

Una delle ragioni principali per cui molti lavoratori scelgono di destinare il proprio TFR a un Fondo Pensione è la possibilità di ottenere rendimenti più alti rispetto alla semplice rivalutazione garantita in azienda. 

A differenza del TFR lasciato in azienda, che cresce secondo un meccanismo fisso, i Fondi Pensione investono le somme maturate dal lavoratore sui mercati finanziari, diversificando tra azioni, obbligazioni, titoli di Stato e altri asset.

tassazione.

Il capitale accumulato nel Fondo Pensione è soggetto ad una tassazione agevolata, che parte da un massimo del 15% e diminuisce progressivamente dello 0,3% per ogni anno di permanenza oltre il quindicesimo, fino a raggiungere un’aliquota minima del 9% dopo 35 anni.

svantaggi.

Nonostante i numerosi benefici, conferire il TFR a un Fondo Pensione comporta anche degli svantaggi da valutare attentamente, soprattutto in base al proprio profilo di rischio.

rendimento non garantito.

Le quote di TFR maturato vengono investite sui mercati finanziari e i rendimenti possono subire fluttuazioni nel tempo. È possibile che il valore del capitale investito diminuisca temporaneamente, soprattutto se si è scelto un profilo di rischio dinamico. La volatilità è parte integrante di questa forma di investimento e richiede una certa tolleranza alle oscillazioni di breve periodo.

costi.

Tutti i Fondi Pensione applicano delle commissioni per coprire le spese amministrative e operative. Anche se generalmente contenuti, questi costi incidono comunque sul rendimento netto finale del lavoratore.

rischio di insolvenza.

In caso di gravi difficoltà gestionali o fallimenti, c’è la possibilità - seppur remota - che il capitale investito sia a rischio. Tuttavia, va precisato che i Fondi Pensione sono soggetti a rigidi controlli da parte della COVIP e che le quote di TFR maturato sono tutelate da garanzie pubbliche.

Decidere se lasciare il TFR in azienda o destinarlo a un Fondo Pensione è una scelta che, come è chiaro, deve essere valutata attentamente alla luce delle proprie esigenze individuali.

A fare davvero la differenza sono le condizioni personali e professionali del singolo lavoratore: l’età, la stabilità dell’impiego, la propensione al rischio, gli anni mancanti alla pensione, gli obiettivi previdenziali e le esigenze familiari.

In caso di dubbi, il consiglio è rivolgersi a un consulente esperto, che possa fornire un supporto personalizzato mettendo al centro il proprio progetto di vita.

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