Che svolgere contemporaneamente due lavori a tempo pieno sia impossibile è abbastanza chiaro – essere dotati del dono dell’ubiquità è davvero difficile – ma quando si tratta di due impieghi a tempo parziale, come funzionano le cose? Un’azienda può vietare incondizionatamente ai propri dipendenti di svolgere un secondo lavoro part-time oltre a quello svolto presso la propria attività?
La risposta arriva direttamente dalla Corte di Cassazione, che ha stabilito in modo definitivo che avere due lavori part-time allo stesso tempo è possibile, a patto di rispettare alcuni parametri.
Nella recente sentenza n. 13196 emanata a maggio 2017, infatti, i giudici hanno chiarito che un datore di lavoro – e quindi il regolamento aziendale – non può impedire ad un dipendente assunto a tempo parziale di svolgere un secondo lavoro part-time se sono presenti le seguenti condizioni:
- Se viene rispettato il limite delle ore di lavoro settimanali stabilito dalla normativa - che sono in tutto 48 - e il diritto al riposo settimanale del lavoratore, che secondo il D. Lgs. 66/2003 deve essere di almeno 24 ore consecutive ogni 7 giorni di lavoro.
Per garantire che questi limiti possano essere rispettati, quindi, il lavoratore deve comunicare ai due datori di lavoro il monte ore svolto presso l’altra azienda. - La seconda condizione necessaria per poter svolgere due lavori part-time contemporaneamente è che le due attività non siano in concorrenza tra di loro. Per la Corte di Cassazione, infatti, un lavoratore non può svolgere un secondo impiego a tempo parziale se questo crea un conflitto di interesse e danneggia reciprocamente i due datori di lavoro.
Riassumendo, quindi, secondo i giudici della Corte di Cassazione, per poter svolgere due lavori part-time insieme è necessario rispettare il patto di non concorrenza e non superare il monte ore di lavoro settimanale previsto per legge.
Secondo la sentenza, quindi, un datore di lavoro non ha il potere di stabilire in modo incondizionato se un dipendente abbia o meno la facoltà di svolgere una seconda attività lavorativa al di fuori dell’orario di lavoro svolto presso di lui: “L'incompatibilità deve essere verificata caso per caso” – si legge nella sentenza – “restando tale valutazione suscettibile di controllo, anche giudiziale”.