Le donne lavoratrici godono di una serie di diritti specifici in tema di maternità e lavoro al fine di garantire una maggiore protezione durante la gravidanza, il parto e il periodo successivo alla nascita del bambino.
Non dimentichiamo che tali diritti possono spesso essere estesi anche ai padri, nonostante vengano utilizzati molto meno di frequente. Lo testimonia la possibilità dei padri lavoratori dipendenti di richiedere il congedo di paternità.
In questo articolo proveremo ad analizzare quali sono i diritti delle madri lavoratrici: dal congedo di maternità sino al divieto di licenziamento previsto dall’ordinamento italiano.
contenuti dell'articolo:
- tutela della salute della lavoratrice.
- congedo di maternità (o astensione obbligatoria).
- maternità anticipata.
- congedi parentali (astensione facoltativa).
- riposi e congedi.
- anzianità e ferie durante la maternità.
- divieto di licenziamento per la madre lavoratrice.
- dimissioni in maternità.
- diritto al rientro dalla maternità.
tutela della salute della lavoratrice.
La tutela della salute della lavoratrice è garantita da diverse leggi e normative. In particolare, la legge 1204/1971 stabilisce disposizioni specifiche per la tutela della maternità nei luoghi di lavoro, garantendo il divieto di licenziamento delle lavoratrici durante la gravidanza e il periodo di allattamento, nonché durante il congedo di maternità. Inoltre, in base al Decreto Legislativo 151/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) le donne in gravidanza hanno il diritto di essere temporaneamente assegnate a mansioni più leggere o adattate alle loro condizioni.
Anche la Legge 53/2000 è un pilastro importante. Prevede, infatti, il diritto a un congedo di maternità obbligatorio di almeno cinque mesi e una protezione economica durante questo periodo. Da notare che molti contratti collettivi di lavoro, negoziati tra sindacati e datori di lavoro, contengono ulteriori dettagli sulla tutela delle lavoratrici in gravidanza. Questi accordi spesso includono regolamentazioni sulle assegnazioni temporanee e altre misure protettive.
congedo di maternità (o astensione obbligatoria).
Il congedo di maternità rappresenta un periodo di assenza dal lavoro concesso alle lavoratrici in gravidanza, viene usufruito sia prima che dopo il parto. Si tratta di una misura fondamentale per consentire alle donne di affrontare con tranquillità gli ultimi mesi di gravidanza e che permette loro di prendersi cura del neonato appena nato. Durante il congedo di maternità, le lavoratrici continuano a ricevere una parte del loro stipendio.
Per quanto riguarda i padri lavoratori dipendenti, essi hanno diritto a un congedo di 10 giorni lavorativi, che possono essere presi in modo non continuativo, nei due mesi che precedono la data presunta del parto e nei cinque mesi successivi alla nascita.
Per i padri lavoratori autonomi, invece, è previsto un trattamento simile in termini di indennità a quella prevista per le madri lavoratrici autonome. Ciò riflette l'impegno nel garantire un adeguato supporto durante questo importante periodo di transizione nella vita di una famiglia.
a chi spetta la maternità obbligatoria?
L'indennità di maternità è un diritto che spetta a tutte le lavoratrici, senza alcuna distinzione. Tuttavia, l'ente responsabile per l'erogazione di questa indennità può variare in base al tipo di occupazione della lavoratrice.
chi paga la maternità?
Nel caso delle lavoratrici dipendenti del settore privato, l'indennità di maternità è a carico dell'INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale). Questo vale anche per le lavoratrici iscritte alle gestioni autonome dell'INPS e per le libere professioniste che contribuiscono a una cassa di previdenza specifica.
L'indennità di maternità è un diritto che spetta a tutte le lavoratrici, senza alcuna distinzione. Tuttavia, l'ente responsabile per l'erogazione di questa indennità può variare in base al tipo di occupazione della lavoratrice.
a quanto ammonta l’indennità di maternità.
L'indennità prevista per la maternità obbligatoria è un sostegno essenziale per le lavoratrici durante il periodo di assenza dal lavoro. In genere, l'indennità ammonta all'80% dello stipendio mensile che la lavoratrice percepisce normalmente.
Tuttavia, i dettagli possono variare leggermente a seconda della specifica situazione lavorativa della beneficiaria. Per le lavoratrici iscritte alle gestioni autonome INPS, l'indennità viene calcolata come l'80% della retribuzione giornaliera stabilita annualmente dalla legge per la tipologia di attività svolta.
Inoltre, alcuni contratti collettivi prevedono il riconoscimento del restante 20% a carico del datore di lavoro, così da assicurare alla lavoratrice l'intera retribuzione.
Le libere professioniste con una cassa di previdenza specifica percepiscono l'80% dei compensi dichiarati nell'anno precedente, calcolati su una base di cinque mesi. Questi dettagli sono importanti da conoscere in quanto possono influire sull'importo esatto che riceverai durante il congedo di maternità.
quando spetta l’indennità di maternità?
L’indennità di maternità copre un arco temporale di 5 mesi che viene spesso suddiviso in questo modo: due mesi prima del parto e tre mesi dopo il parto. È possibile scegliere di collocare la maternità obbligatoria, e dunque di percepire l’indennità di maternità, anche a partire da un mese prima del parto, fino a quattro mesi dopo il parto.
Dal 2019, la neomamma può anche scegliere di percepire l’indennità, e di stare quindi a casa dal lavoro, per cinque mesi in seguito alla nascita, lavorando quindi fino al parto. Serve però un certificato del medico che attesti la buona salute della donna e dunque la possibilità di lavorare fino alla conclusione del nono mese di gravidanza.
quando e come fare domanda per l’indennità di maternità?
La domanda deve essere inoltrata all’INPS prima dei due mesi precedenti alla data prevista del parto e in ogni caso mai oltre un anno dalla fine del periodo che può essere coperto dall’indennità.
Prima dell’inizio del periodo di maternità obbligatoria, la lavoratrice deve recapitare all’Inps il certificato medico di gravidanza. Entro 30 giorni dal parto dovrà comunicare la data di nascita del figlio.
maternità anticipata.
La maternità anticipata è un diritto riconosciuto alle lavoratrici in situazioni particolari.
In determinate circostanze, una futura mamma può scegliere di anticipare il periodo di astensione dal lavoro, ottenendo così un sostegno prezioso durante i primi mesi di gravidanza. La legge concede questa opzione principalmente in due casi:
- gravi complicazioni: se la gravidanza presenta complicanze serie o persistono condizioni di salute che potrebbero essere aggravate dalla gravidanza stessa, la futura mamma ha il diritto di anticipare il congedo di maternità. La priorità è la sua salute e quella del bambino.
- condizioni di lavoro rischiose: se il lavoro svolto rappresenta un pericolo per la salute della donna incinta e del nascituro, è possibile anticipare il periodo di astensione. Questo vale anche per lavori faticosi o insalubri, o per mansioni che espongono la lavoratrice a rischi per la sua sicurezza e salute, e che non possono essere facilmente sostituite
La maternità anticipata viene ovviamente concessa anche quando si verifica un parto prematuro, ovvero prima dell’ottavo mese, quello in cui dovrebbe teoricamente iniziare il periodo di astensione obbligatoria.
chi può richiedere la maternità anticipata?
La possibilità di richiedere la maternità anticipata è un diritto che spetta a diverse categorie di donne lavoratrici. In dettaglio, possono avanzare la richiesta:
- lavoratrici dipendenti, sia nel settore pubblico che privato (comprese le lavoratrici agricole e domestiche)
- lavoratrici con rapporti di lavoro occasionali e con contratti a progetto
- lavoratrici associate in partecipazione
- lavoratrici libere professioniste
- lavoratrici Autonome iscritte alla gestione Separata: questa categoria include le lavoratrici autonome che sono iscritte alla gestione separata, un fondo pensionistico specifico creato dalla legge 335/95 per riformare il sistema pensionistico.
come richiederla e a quanto ammonta l’indennità per la maternità anticipata?
La procedura per richiedere la maternità anticipata varia a seconda delle motivazioni e può essere effettuata in diversi modi, tra cui
- modalità telematica
- presentazione cartacea
- ricorso ai patronati locali.
Il modo in cui viene richiesta e il soggetto responsabile della richiesta dipendono dalla ragione alla base della necessità di ottenere il congedo di maternità anticipato.
L'indennità per la futura madre solitamente ammonta all'80% della retribuzione media giornaliera globale calcolata in base al mese di lavoro precedente l'inizio del periodo di astensione anticipata.
Per alcune lavoratrici iscritte alla gestione separata, l'indennità durante il congedo anticipato corrisponde all'80% di 1/365 del reddito. In alcune situazioni, l'indennità può essere erogata direttamente dall’Inps, in altre anticipata dal datore di lavoro e poi successivamente rimborsata.
Se previsto dal contratto, il datore di lavoro potrebbe coprire il 20% della retribuzione mancante.
congedi parentali (astensione facoltativa).
Il congedo parentale, noto anche come maternità facoltativa, è un periodo di assenza dal lavoro che le madri possono prendere dopo il congedo di maternità obbligatorio per assistere al meglio il loro bambino. I padri possono usufruirne anche durante il periodo di congedo di maternità della madre.
Questo congedo è previsto per consentire ai genitori di trascorrere più tempo con il neonato e di conciliare meglio le esigenze familiari con il lavoro.
Il congedo parentale ha una durata complessiva (sommando i periodi di astensione di padre e madre) pari a 10 mesi, che i genitori possono utilizzare quando vogliono, entro i 12 anni di vita del bambino.
Durante il congedo parentale, la madre (o il padre) ha diritto a un’indennità economica pari al 30% della retribuzione media giornaliera fino ai 6 anni di età del bambino (fino ai 12 anni in presenza di una condizione di grave disagio economico).
Per le partite Iva la retribuzione è pari al 30% della retribuzione prevista per l’anno in cui viene richiesto l’indennizzo.
riposi e congedi.
Le lavoratrici incinte e le neo-mamme, così come i padri, godono di diversi riposi e congedi legati alla maternità. Ecco una panoramica delle principali tipologie di riposi e congedi a cui hanno diritto.
riposo per allattamento.
Durante il primo anno di vita del bambino la lavoratrice ha diritto a due riposi giornalieri retribuiti di un’ora ciascuno per l’allattamento (cumulabili).
I due riposi diventano di mezz’ora se c’è un asilo aziendale all’interno della struttura in cui la madre lavora. Se l’orario di lavoro non supera le 6 ore giornaliere, il riposo per allattamento si riduce a un’ora.
Il riposo per allattamento si estende al padre se la madre è impossibilitata ad accudire il neonato o se ne ha l’affido.
congedi non retribuiti per la malattia del figlio.
Madre e padre hanno diritto alternativamente all’astensione dal lavoro non retribuita (ad eccezione dei dipendenti pubblici) in caso di malattia di ciascun figlio di età inferiore ai 3 anni.
Per i bambini tra i 3 e gli 8 anni il congedo è pari a 5 giorni all’anno. Per usufruire del congedo per malattia dei figli basta presentare un certificato medico e non c’è obbligo di reperibilità durante gli orari di visita fiscale.
maternità e lavoro notturno.
Il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità (Decreto Legislativo n.151/2001) vieta il lavoro nella fascia oraria compresa tra le ore 24 e le ore 6 alle donne in gravidanza. Questo divieto si estende fino al compimento di un anno di età del bambino. Inoltre:
- le lavoratrici con un figlio di età inferiore a tre anni (o il padre convivente)
- la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni
non sono obbligati a prestare lavoro notturno.
anzianità e ferie durante la maternità.
Il periodo di maternità obbligatoria rientra nel calcolo dell’anzianità di servizio, inclusi quelli relativi alla tredicesima mensilità e alle ferie. Non è però possibile utilizzare le ferie spettanti durante il periodo di congedo.
I periodi di astensione facoltativa vengono calcolati al fine dell’anzianità di servizio, ad esclusione degli effetti relativi alla tredicesima e alla gratifica natalizia.
Inoltre, le modifiche apportate al Testo Unico sulla maternità del 13 Agosto 2022 hanno stabilito il mantenimento del diritto a maturare i ratei della retribuzione in precedenza esclusi, salvo quanto diversamente stabilito dalla contrattazione collettiva di ogni livello.
Anche i congedi per la malattia del figlio sono calcolati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima.
divieto di licenziamento per la madre lavoratrice.
Ai sensi dell’art. 54 D.Lgs. 151/2001, le lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento un anno di età del bambino. Il divieto di licenziamento si estende anche al padre lavoratore che fruisce del congedo di paternità.
Esistono alcune eccezioni al divieto di licenziamento per la madre lavoratrice:
- termine dell’attività dell’azienda;
- colpa grave da parte della lavoratrice, in grado di costituire giusta causa per la conclusione del rapporto di lavoro;
- termine della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o scadenza del termine del contratto di lavoro;
- esito negativo del periodo di prova.
dimissioni in maternità.
La lavoratrice può chiedere le dimissioni volontarie durante la gravidanza o durante i primi tre anni di vita del bambino, con convalida da parte del servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. Si tratta di una tutela nei confronti della donna finalizzata a verificare l’effettiva volontarietà delle dimissioni.
Inoltre, l’art. 12 del d.lgs. 80/2015 stabilisce che la lavoratrice e il lavoratore che si dimettono nel periodo in cui vige il divieto di licenziamento non sono tenuti al preavviso.
diritto al rientro dalla maternità.
Terminati i periodi di congedo, la lavoratrice (o il lavoratore in congedo per paternità) ha diritto di mantenere il posto di lavoro, rientrando nello stesso dipartimento/ufficio/settore in cui era occupata in precedenza (leggi anche: ritorno al lavoro dopo la maternità)