Il licenziamento per giusta causa prevede la risoluzione immediata del rapporto di lavoro a seguito di comportamenti del lavoratore di gravità tale da rendere impossibile la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto stesso.

Questa forma di licenziamento viene applicata quando il lavoratore adotta un comportamento talmente grave da compromettere irreparabilmente il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.

licenziamento per giusta causa
licenziamento per giusta causa

cos’è il licenziamento per giusta causa?

Il licenziamento per giusta causa è disciplinato dall’articolo 2119 del codice civile, il quale stabilisce che ciascuna delle parti può recedere dal contratto in presenza di una causa tale da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro, anche in via provvisoria.

Nel caso di un contratto a tempo determinato, il recesso può avvenire prima della naturale scadenza del termine. Per i contratti a tempo indeterminato, invece, il recesso per giusta causa è consentito senza necessità di preavviso, sia in caso di licenziamento che di dimissioni (leggi anche: come scrivere una lettera di dimissioni).

Secondo la normativa e l’orientamento della Cassazione, la giusta causa si configura come un inadempimento così grave compiuto dal lavoratore tale da rendere insufficiente qualsiasi sanzione diversa dal licenziamento per garantire la tutela degli interessi del datore di lavoro.

La valutazione della legittimità del licenziamento per giusta causa spetta al giudice di merito, che deve tenere conto delle specificità del caso e delle peculiarità del rapporto di lavoro, con particolare riferimento all’intenzionalità alla base della condotta del lavoratore e all’intensità con cui il comportamento contestato è stato messo in atto.

quando è possibile applicare il licenziamento per giusta causa?

Il licenziamento per giusta causa può essere applicato quando la condotta del lavoratore è talmente grave da compromettere il rapporto di fiducia con il datore di lavoro, rendendo necessaria l’immediata cessazione del rapporto di lavoro.

Il giudice, chiamato a esprimersi sulla legittimità del licenziamento, deve esaminare attentamente caso per caso. Oltre a valutare l’intenzionalità e l'intensità del comportamento del lavoratore, deve verificare la proporzionalità tra le azioni contestate e la sanzione applicata, assicurandosi che il recesso per giusta causa sia giustificato rispetto ai fatti accertati.

La giusta causa è ravvisabile, ad esempio, in casi come:

  • insubordinazione verso i superiori (minacce, insulti, rifiuto di eseguire le proprie mansioni, …);
  • furto di beni aziendali durante l’esercizio delle proprie mansioni;
  • diffamazione dell’azienda o dei suoi prodotti;
  • abbandono ingiustificato del posto di lavoro con possibili ripercussioni sulla sicurezza degli altri lavoratori;
  • minacce rivolte a colleghi o al datore di lavoro;
  • danneggiamento intenzionale di beni aziendali;
  • falso infortunio o simulazione di malattia;
  • violazione del patto di non concorrenza;
  • uso scorretto dei permessi concessi ai sensi della legge n. 104/1992;
  • false timbrature del cartellino.

Al contrario, vi sono casi che non concorrono al licenziamento per giusta causa. Tra questi è utile ricordare:

  • gravidanza e maternità;
  • scarsa produttività dovuta a malattie accertate (secondo l’ordinanza n. 26212, 19 settembre 2015, del Tribunale di Milano, reiterate assenze per malattie costituiscono giustificato motivo oggettivo di licenziamento solo se rendono inutile la prestazione del lavoratore anche durante la sua presenza in azienda. La Corte di Cassazione con sentenza n. 3.876 del 2006 ha stabilito inoltre che assenze anche reiterate e concentrate nelle vicinanze di periodi di vacanze non costituiscono giusta causa per il licenziamento);
  • imperizia tecnica o incapacità del lavoratore.

ci si può opporre al licenziamento per giusta causa?

Il dipendente che ritiene illegittimo il licenziamento per giusta causa può contestarlo davanti al giudice del lavoro, che si occuperà di valutare se i fatti contestati siano effettivamente sussistenti e se la sanzione applicata sia proporzionata alla gravità della condotta attribuita al lavoratore.

La normativa prevede termini precisi per impugnare il licenziamento. Il lavoratore ha 60 giorni dalla ricezione della lettera di licenziamento per inviare una comunicazione scritta al datore di lavoro, in cui manifesta chiaramente la volontà di impugnare il recesso. Inoltre, entro 180 giorni dalla spedizione della lettera di impugnazione, il dipendente deve depositare il ricorso presso la sezione lavoro del tribunale.

In alternativa, il lavoratore può intraprendere la strada della conciliazione. In questo caso, vi sono tre possibilità:

  • l’azienda non si presenta alla convocazione. Il lavoratore deve presentare ricorso al giudice del lavoro entro 60 giorni dalla mancata conciliazione;
  • l’azienda si presenta ma non si raggiunge un accordo. I 180 giorni per il deposito del ricorso in tribunale riprendono a decorrere;
  • l’azienda e il lavoratore raggiungono un accordo. In tal caso, non vi è bisogno di ricorrere al giudice perché la controversia viene risolta.

Quando si ritiene che il licenziamento per giusta causa sia illegittimo e si intende contestarlo, è fondamentale essere in possesso di prove documentali utili a sostenere la propria posizione. Rivolgersi a un avvocato specializzato in diritto del lavoro o a un sindacato è altrettanto importante perché questi professionisti possono fornire supporto strategico e aumentare le probabilità di ottenere un esito favorevole nel contenzioso.

Se il giudice accerta l'illegittimità del licenziamento, il lavoratore può avere diritto al reintegro nel posto di lavoro, a un’indennità risarcitoria o, in alcuni casi, a entrambi i regimi di tutela. In aggiunta, potrebbe essere previsto il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. Le tutele applicabili variano in funzione della data di assunzione del lavoratore (prima o dopo il 7 marzo 2015) e del numero di dipendenti dell’azienda.

Al contrario, se il licenziamento viene ritenuto legittimo, il provvedimento resta valido e il rapporto di lavoro si interrompe immediatamente.

conclusione.

Come è chiaro, il licenziamento per giusta causa è un mezzo che i datori di lavoro hanno a disposizione per tutelare i propri interessi. Per evitare situazioni conflittuali, però, è fondamentale che questo strumento venga utilizzato nel pieno rispetto dei diritti dei lavoratori e delle normative vigenti. 

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