Il gender pay gap, in italiano “divario retributivo di genere”, è la differenza media nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne, che risulta essere quasi sempre a svantaggio delle seconde.
Si tratta di un fenomeno multidimensionale radicato nelle società di tutto il mondo, frutto di retaggi antiquati che promuovono modelli culturali basati sulla disparità di genere. Nessun Paese ha ancora raggiunto l’uguaglianza salariale tra uomini e donne, indipendentemente da quanto sia sviluppato economicamente o da quanto sia regolamentato il mercato del lavoro.
È un’ingiustizia sociale che non solo influisce sul benessere economico delle nazioni, ma che incide negativamente anche sulla produttività, l’innovazione, l’operatività e la crescita delle imprese.
È proprio dalle imprese che bisogna partire per fronteggiare il problema. L’intervento legislativo in materia, per quanto importante, non è sufficiente: è necessario che le aziende implementino politiche interne a favore della parità retributiva per creare ambienti di lavoro più equi e inclusivi.
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che cos'è il gender pay gap?
L’European Institute of Gender Equality, agenzia dell’Unione Europea che promuove l’uguaglianza di genere sia all’interno che all’esterno dell’UE, definisce il gender pay gap come la differenza nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne.
Questa definizione è sostanzialmente uguale a quella fornita dalla Commissione Europea, che descrive il divario retributivo di genere come “la differenza nella retribuzione lorda media tra donne e uomini all'interno dell'economia nel suo complesso”.
L'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) offre una definizione simile, affermando che il gender pay gap è la differenza tra i salari medi lordi maschili e quelli femminili, espressa in percentuale rispetto alle retribuzioni medie maschili.
Il gender pay gap, quindi, rappresenta la differenza tra il salario annuale medio percepito dalle donne e quello percepito dagli uomini in un determinato settore, area geografica o azienda, a parità di performance e responsabilità.
È bene ricordare che la parità di genere, inclusa quella retributiva, è uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU. Quest’ultima considera l'indipendenza economica delle donne e l'equità salariale a parità di lavoro fondamentali per promuovere l'uguaglianza di genere.
Il gender pay gap può essere di due tipologie:
- divario retributivo “non rettificato” (unadjusted pay pag)
- e divario retributivo “rettificato” o “inspiegabile” (adjusted pay gap).
Il divario retributivo non rettificato misura la differenza media di retribuzione tra uomini e donne all’interno di un’azienda. È influenzato dalla diversa rappresentanza di genere all'interno dell'organizzazione e spesso riflette la mancanza di donne in posizioni di leadership.
Quello rettificato o inspiegabile, invece, misura la differenza di retribuzione tra donne e uomini che svolgono un lavoro simile o equivalente, considerando fattori che determinano la retribuzione, come il ruolo lavorativo, l’istruzione e l’esperienza.
la differenza retributiva di genere: i dati.
Il Global Gender Gap Report, realizzato dal World Economic Forum, è uno studio giunto alla sua diciottesima edizione che dal 2006 monitora i progressi e gli sforzi profusi dai Paesi nel colmare il divario di genere.
Misura annualmente la parità di genere in quattro dimensioni chiave: partecipazione e opportunità economiche, livello di istruzione, salute e sopravvivenza ed emancipazione politica.
Il Global Gender Gap Report 2024 ha preso in esame 146 Paesi, facendo luce sia sui successi che sui punti critici riguardanti il divario di genere.
In Europa, si è registrato un miglioramento complessivo di 6.2 punti percentuali rispetto al 2006. Dei 40 Paesi europei analizzati, 21 hanno colmato oltre il 75% del loro divario di genere, anche se persistono grandi disparità tra un’economia e l’altra. Ad esempio, l’Islanda, al primo posto globale ed europeo, è 29 punti percentuali al di sopra della Turchia, che si posiziona ultima in Europa.
Le economie europee, nel complesso, occupano sette delle prime dieci posizioni a livello mondiale. Oltre all’Islanda, troviamo Finlandia (2°), Norvegia (3°), Svezia (5°), Germania (7°), Irlanda (9°) e Spagna (10°). L'Italia, con un punteggio di 0,703 su 1, si posiziona all’87esimo posto a livello globale, perdendo otto posizioni rispetto al 2023, e al 37esimo posto in Europa, davanti solo a Ungheria, Repubblica Ceca e Turchia.
Per quanto riguarda la partecipazione economica, l’Italia è arrivata 111esima, indietreggiando di sette posizioni rispetto al 2023. Sul fronte dell’istruzione, invece, il nostro Paese si è posizionato 56esimo, migliorando di quattro posizioni rispetto all’anno precedente.
Nell’ambito della salute e sopravvivenza, l’Italia ha guadagnato una posizione rispetto all'anno scorso, posizionandosi 94esima. Per quanto riguarda, invece, la partecipazione delle donne in politica, l'Italia si trova al 67esimo posto, peggiorando di tre posizioni rispetto al 2023.
Sebbene i progressi compiuti dal 2006 ad oggi siano evidenti, non sono sufficienti per raggiungere l'uguaglianza di genere entro il 2030. Si prevede che ci vorranno ancora 134 anni per raggiungerla.
Entrando nel merito della differenza retributiva di genere in Italia, secondo i dati 2023 dell’Osservatorio INPS sui lavoratori dipendenti del settore privato, la retribuzione media annua complessiva è di 22.839 euro; per il genere maschile è di 26.227 euro contro i 18.305 euro del genere femminile. Quasi 8 mila euro l'anno in meno per le donne. Non solo: il gender pay gap è addirittura in aumento rispetto al 2021, quando era pari a 7.908 euro, e al 2022, quando era di 7.922.
Una situazione che riguarda anche altri paesi dell’Unione Europea, dove le donne continuano a guadagnare meno degli uomini, con un divario retributivo medio di genere nell’UE pari al 13%. Ciò significa che per ogni euro guadagnato da un uomo, una donna percepisce solo 0,87 euro. A differenza del trend italiano, il divario retributivo di genere in Europa è diminuito di 2,8 punti percentuali nell’ultimo decennio.
gender pay gap, quali sono i fattori che contribuiscono al divario?
È possibile identificare alcune cause strutturali della disparità salariale di genere tra uomini e donne nel lavoro.
Come evidenziato dall’INPS, una delle cause principali è la predominante presenza di lavori a tempo parziale tra le donne. Nel corso del 2022, il numero di donne impiegate con contratti part-time è stato di 3.584.665, in netto contrasto con i 2.066.260 uomini nella stessa situazione.
In media, le donne sono anche più coinvolte in attività di lavoro non retribuito, come prendersi cura dei figli o gestire le mansioni domestiche. Questo si traduce in una disponibilità di tempo inferiore per svolgere un lavoro retribuito. In generale, se si considerano sia il lavoro retribuito che quello non retribuito, emerge che le donne lavorano più ore a settimana rispetto agli uomini. Tuttavia, la forte persistenza del gender gap penalizza maggiormente le lavoratrici dal punto di vista economico.
Le promozioni sono più agevoli per gli uomini, il che si traduce in una maggior presenza maschile in ruoli di gestione e supervisione. In Italia, la metà delle donne ricopre posizioni entry-level, solo il 35% ha ruoli manageriali e un quarto ruoli C-Suite.
Il gender gap complessivo è anche attribuito alla presenza predominante delle donne in settori caratterizzati da salari relativamente bassi, come ad esempio assistenza, sanità e istruzione.
Tema rilevante è anche quello relativo alla formazione scolastica e al livello di istruzione. Secondo Claudia Goldin, studiosa del gender & tech gap a cui è stato assegnato il Premio Nobel per l’Economia 2023, le scelte educative che plasmano le prospettive di carriera vengono effettuate in un'età relativamente giovane. Quando le aspettative delle donne giovani sono modellate dalle esperienze delle generazioni precedenti, come ad esempio le loro madri che sono rientrate nel mondo del lavoro solo quando i figli sono cresciuti, il progresso è rallentato.
Come è chiaro, il gender pay gap è un fenomeno complesso che non si limita alla sola disparità di retribuzione. Spesso non ha spiegazioni concrete né giustificazioni oggettive, come una minore istruzione o lacune nelle competenze. È il segnale di un problema che richiede un significativo cambiamento culturale per essere superato.
come ridurre il gender pay gap?
La trasparenza retributiva, ovvero la divulgazione delle informazioni salariali, è un buon punto di partenza per ridurre il gender pay gap. Sarebbe, infatti, buona norma riportare queste informazioni anche negli annunci di lavoro. Tuttavia, non è sufficiente per fronteggiare la disparità retributiva di genere.
È anche opportuno assicurarsi che le retribuzioni siano basate sulle competenze, le responsabilità e le prestazioni.
Altre strategie includono l'adozione di politiche di congedo parentale retribuito, disponibili sia per uomini che per donne. Questo consentirebbe a un numero maggiore di donne di rimanere nel mondo del lavoro e mitigare il calo dei guadagni comportato dopo la nascita del primo figlio. Queste politiche favorirebbero anche l'uguaglianza delle opportunità di congedo familiare e delle responsabilità di assistenza, indipendentemente dal genere.
La promozione della diversità e di pari opportunità, attraverso politiche di assunzione e promozione orientate alla diversità di genere, è un'altra strategia. Inoltre, la formazione mirata sulla consapevolezza di genere può sensibilizzare i dipendenti sul tema del gender gap, contribuendo a ridurre gli stereotipi che possono influenzare la retribuzione.
A livello normativo, un passo in avanti in tema di disparità tra uomo e donna nel lavoro è stato fatto nel giugno 2023 dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Con la direttiva 2023/970 sulla trasparenza retributiva si è rafforzata l’adozione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.
Con l’obiettivo di eliminare la discriminazione retributiva e garantire la parità di genere nel mondo del lavoro, il campo di applicazione della direttiva - che gli Stati membri sono chiamati a recepire entro il 7 giugno 2026 - non si limita al rapporto di lavoro, ma riguarda anche le fasi di selezione che precedono l’assunzione.
più donne al lavoro, più ricchezza per tutti.
La riduzione del gender gap salariale non solo stimola la produttività, favorendo l'uguaglianza dei redditi, ma contribuisce anche a diversificare l'assetto economico globale. In altre parole, un aumento della presenza femminile nel settore del lavoro retribuito non solo rappresenta un principio di equità, ma si traduce anche in vantaggi economici tangibili per tutti.
Secondo le stime dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), se il contributo economico delle donne raggiungesse la parità con quello degli uomini entro il 2025, il prodotto interno lordo annuo globale aumenterebbe del 26%, corrispondente a 28 trilioni di dollari.
Organizzazioni e istituzioni, quindi, sono chiamate ad adottare politiche di diversità e inclusione in grado di ridurre il divario retributivo di genere e favorire l'emancipazione economica delle donne.