Il diritto alla disconnessione, tema centrale nel dibattito pubblico contemporaneo, mira a tutelare la salute mentale e il benessere dei lavoratori, promuovendo un migliore equilibrio tra vita professionale e privata.

Essere sempre connessi è una caratteristica dei tempi moderni. L’accesso costante alle e-mail, alle chat di lavoro e ad altri canali digitali favorisce la comunicazione con i colleghi e i superiori, la gestione dei documenti e il controllo dello stato di avanzamento dei progetti, facendo sfumare i confini tra lavoro e vita personale.

Per questo, sempre più spesso, si parla di diritto alla disconnessione, ossia della possibilità, al di fuori dall’orario di lavoro, di non essere reperibili e di "staccare la spina". Diritto non solo di scollegarsi, ma anche di non subire ripercussioni per non essersi connessi o, al contrario, di non essere premiati per averlo fatto.

Se, infatti, la tecnologia ha rivoluzionato e continua a rivoluzionare in modo positivo il mondo del lavoro, questo non avviene senza conseguenze ed effetti collaterali. La presenza pervasiva di smartphone, tablet o pc portatili - spesso forniti dalle stesse aziende per cui si opera - porta il lavoro a invadere la vita privata, riducendo il tempo che i lavoratori possono dedicare al proprio benessere e al tempo libero.

diritto alla disconnessione
diritto alla disconnessione

diritto alla disconnessione in Italia.

Il primo riferimento legislativo al diritto alla disconnessione nell’ordinamento italiano è stato introdotto con la Legge n. 81 del 22 maggio 2017, che disciplina il lavoro agile.

Questa normativa, all’art. 18, stabilisce che l’organizzazione del lavoro agile è regolata da accordi tra datore di lavoro e dipendente e deve rispettare i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale previsti dalla Legge e dalla contrattazione collettiva.

L’art. 19 specifica che tali accordi devono includere un riferimento ai tempi di riposo del lavoratore e alle misure tecniche e organizzative da adottare per garantire la disconnessione del dipendente dagli strumenti tecnologici di lavoro.

Tuttavia, la Legge n. 81 del 22 maggio 2017 non stabilisce un tempo di disconnessione garantito e uguale per tutti i lavoratori, a differenza di altri Paesi europei, dove i datori di lavoro hanno il divieto di contattare i dipendenti al di fuori dell’orario di lavoro.

Il 13 maggio 2020, il Garante della Privacy si è espresso sul tema, sottolineando l’importanza del diritto alla disconnessione per garantire un migliore work-life balance, evidenziando come il mancato riconoscimento di tale diritto rischi di annullare le conquiste storiche ottenute nel mondo del lavoro.

Il Presidente del Garante, inoltre, ha evidenziato la necessità di impedire ai datori di lavoro l'uso di computer con funzionalità che permettano un monitoraggio sistematico e invasivo delle attività dei dipendenti.

In seguito all’audizione al Parlamento del Garante della Privacy nel 2020, il diritto alla disconnessione è stato inserito nella Legge n. 61 del 6 maggio 2021, “recante misure urgenti per fronteggiare la diffusione del COVID-19 e interventi di sostegno per lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena”.

Questa Legge stabilisce che i lavoratori che operano in modalità agile hanno il diritto di disconnettersi dagli strumenti tecnologici e dalle piattaforme informatiche, in conformità con gli accordi stipulati tra le parti, tenendo conto di eventuali periodi di reperibilità concordati e senza conseguenze negative sul rapporto di lavoro o sulla retribuzione.

L’ultimo riferimento legislativo al diritto alla disconnessione nel nostro ordinamento è il Protocollo Nazionale sul Lavoro Agile nel settore privato, presentato il 7 dicembre 2021 e sottoscritto dal Ministero del Lavoro e dai principali sindacati per i datori di lavoro e i lavoratori.

Questo Protocollo ribadisce l’importanza di stabilire fasce orarie di disconnessione nelle quali il lavoratore non eroga la prestazione lavorativa e di adottare misure tecniche e organizzative per garantire che vengano rispettate.

In Italia, numerosi gruppi aziendali e grandi imprese, dai colossi bancari alle assicurazioni, dagli operatori telefonici alle società alimentari, hanno inserito nei loro contratti di lavoro il diritto alla disconnessione come frutto di una policy aziendale o di una contrattazione sindacale.

Alcuni accordi hanno addirittura anticipato la Legge n. 81 del 22 maggio 2017, regolamentando, anche se indirettamente, il diritto alla disconnessione. Un esempio è l'accordo Barilla del 2015, il quale prevedeva che, durante il lavoro agile, i dipendenti potessero essere contattati tramite gli strumenti aziendali esclusivamente durante l'orario di lavoro, lasciando intendere che la disconnessione sarebbe stata garantita al di fuori di esso.

Nel settore pubblico, un esempio di regolamentazione del diritto alla disconnessione è il CCNL del comparto Istruzione e Ricerca 2016/2018, firmato il 18 aprile 2018, che demanda alla contrattazione integrativa la definizione dei criteri generali per l'uso delle tecnologie di lavoro al di fuori dell'orario di servizio, per migliorare l'equilibrio tra vita lavorativa e familiare.

Un altro esempio di diritto alla disconnessione disciplinato dalla contrattazione collettiva è il CCNL per i Quadri direttivi e per il personale delle aree professionali delle imprese creditizie, finanziarie e strumentali, il quale stabilisce che l'uso degli strumenti di lavoro deve rispettare i tempi di riposo giornaliero e settimanale, i periodi di ferie e le altre assenze legittime.

diritto alla disconnessione e smart working.

All'interno della normativa che disciplina la modalità di lavoro agile in Italia, ovvero la Legge n. 81 del 22 maggio 2017, sono contenute misure a tutela di chi presta la propria attività lavorativa in regime di smart working.

L'obiettivo della normativa è tutelare i lavoratori, per non costringerli ad orari infiniti, reperibilità costante e assenza di riposo, in uno spill over senza fine dove vita privata e lavorativa si confondono.

La Legge è molto chiara nello spiegare che lo smart working non è una nuova tipologia di contratto, ma solamente una forma diversa di svolgimento dell’attività lavorativa, con orari più flessibili e all'esterno della sede aziendale. 

Ma questa impostazione non modifica la sostanza: l'esecuzione della prestazione deve rispettare i tempi di riposo e deve esserci per il lavoratore la possibilità di disconnettersi quando l'orario di lavoro è concluso. 

Resta ancora aperto un tema più ampio che, al di là dei casi di lavoro flessibile, riesca a disciplinare e impedire, almeno in linea teorica, un uso improprio dei dispositivi aziendali capaci di invadere le ferie, i riposi o i fine settimana.

I lavoratori in smart working, infatti, hanno il diritto di non rispondere alle comunicazioni aziendali al di fuori dell’orario di lavoro, ma i datori di lavoro non hanno il divieto di contattarli.

Con la fine dell’emergenza sanitaria, il ricorso allo smart working si è ridotto. Tuttavia, molte organizzazioni hanno deciso di continuare a utilizzare questo strumento. Di conseguenza, un intervento legislativo che detti una normativa chiara, precisa e applicabile a tutti i tipi di lavoro agile si rivela essenziale per garantire il diritto alla disconnessione.

stress e riduzione della produttività: dei rischi concreti.

Essere sempre connessi non è salutare. È scientificamente provato che l’impegno mentale continuo - che non rispetta i ritmi naturali dell'alternanza pausa e lavoro - può essere estremamente nocivo per la salute. Questo, infatti, rientra tra le principali motivazioni per cambiare lavoro.

I rischi derivanti dall’assenza di una netta separazione tra lavoro e vita privata sono lo stress e il burnout. L'uso improprio degli strumenti tecnologici che i lavoratori hanno a disposizione può portare a un sovraccarico informativo e alla necessità costante di mantenere alta l'attenzione, causando ansia, insonnia e mal di testa.

Nei casi più gravi, lo stress da lavoro può avere serie ripercussioni sulla salute psicologica ed emotiva dei lavoratori, provocando disturbi dissociativi, aggressività e problemi fisici.

La mancanza di disconnessione può portare anche a una significativa riduzione della produttività. Quando i lavoratori non riescono a staccare la spina fuori dall'orario di lavoro, la loro performance ne risente. Questo accade perché la stanchezza fisica e mentale accumulata, insieme alla demotivazione, influisce negativamente sulla loro capacità di concentrazione e di eseguire i compiti in modo efficiente. Di conseguenza, i lavoratori che sono sempre connessi e non hanno la possibilità di riposare adeguatamente tendono a essere meno produttivi rispetto a quelli che riescono a disconnettersi e a recuperare le energie durante il tempo libero.

Il rapporto Right to disconnect: implementation and impact at company level 2023 di Eurofound ha rilevato che i lavoratori di aziende senza una politica di diritto alla disconnessione hanno riportato, più frequentemente di altri, problemi di salute come mal di testa, stress e ansia. Al contrario, nelle aziende in cui il diritto alla disconnessione è regolamentato, si sono registrati alti livelli di soddisfazione professionale e un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata.

diritto alla disconnessione in Europa.

Il diritto alla disconnessione non è una questione esclusivamente italiana. Anche al di fuori dei confini nazionali, tenere il passo della rapida evoluzione tecnologica e regolamentare questo tema si rivela fondamentale.

Il 21 gennaio 2021, il Parlamento europeo ha approvato una Risoluzione invitando la Commissione europea a proporre una Direttiva che garantisse a tutti i lavoratori il diritto alla disconnessione.

Il Parlamento ha sottolineato le conseguenze negative di una connessione costante sulla qualità della vita dei lavoratori, spiegando come questa possa influire negativamente sull'equilibrio tra vita professionale e privata, oltre che sulla salute fisica e mentale. Ha inoltre esortato gli Stati membri a introdurre misure organizzative chiare e tempestive per assicurare il diritto alla disconnessione.

Il provvedimento specifica che queste misure dovrebbero includere:

  • metodi pratici per permettere ai lavoratori di disconnettersi dagli strumenti digitali utilizzati per il lavoro;
  • valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza, compresi quelli psicologici e sociali;
  • campagne di sensibilizzazione e programmi di formazione per i lavoratori riguardo alle condizioni di lavoro;
  • sistema per misurare la durata dell'orario lavorativo;
  • linee guida per stabilire quando possono essere concesse eventuali deroghe al diritto alla disconnessione.

Inoltre, la Risoluzione identifica le tutele per i lavoratori che esercitano il diritto alla disconnessione, chiedendo agli Stati membri di garantire che:

  • siano vietati discriminazione, licenziamento o altre misure punitive nei confronti dei lavoratori che esercitano il diritto alla disconnessione;
  • spetti al datore di lavoro dimostrare che eventuali licenziamenti o trattamenti sfavorevoli non siano ritorsioni, qualora i lavoratori forniscano prove credibili;
  • i lavoratori abbiano accesso a un meccanismo di risoluzione delle controversie rapido, efficace e imparziale;
  • i datori di lavoro forniscano per iscritto informazioni chiare ed esaustive sul diritto alla disconnessione.

Dal già citato rapporto Right to disconnect: implementation and impact at company level di Eurofound, che esplora la legislazione dei Paesi europei sul diritto alla disconnessione, emerge che, al 2023, gli stati membri dell’Unione Europea che dispongono di quadro normativo in materia sono Belgio, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Portogallo, Slovacchia e Spagna.

La Francia è stato il primo paese europeo a regolamentare questo diritto con la Loi n. 2016-1088 dell’8 agosto 2016 (Loi Travail o El-Khomri), modificando l’art. 2242-8 del Code du Travail. Successivamente, anche altri Paesi, tra cui l'Italia nel 2017 e la Spagna nel 2018, hanno introdotto il diritto alla disconnessione nei loro ordinamenti.

Le misure adottate variano significativamente da un Paese all’altro. In Francia, il diritto alla disconnessione si applica alle aziende private con più di 50 dipendenti, in Belgio a quelle con più di 20 dipendenti, mentre in Grecia e Slovacchia si applica esclusivamente ai telelavoratori.

In alcuni Paesi, la regolamentazione è diretta, mentre in altri è affidata alla contrattazione collettiva. Ad esempio, in Grecia, la Legge 4808/2021 disciplina direttamente il diritto alla disconnessione, senza rinviare alla contrattazione collettiva. In Belgio, Irlanda e Lussemburgo, invece, l'implementazione delle disposizioni è demandata alle politiche aziendali o alla contrattazione collettiva.

Anche il sistema sanzionatorio varia notevolmente da un Paese all’altro. In Spagna, Portogallo, Slovacchia e Lussemburgo, ad esempio, sono previste sanzioni pecuniarie per i datori di lavoro che non rispettano le normative sul diritto alla disconnessione.

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