Il lavoro intermittente, noto anche come lavoro a chiamata o job on call, è una forma di lavoro subordinato in cui il lavoratore presta la propria attività lavorativa a un datore di lavoro in modo discontinuo e su richiesta.
La sua caratteristica principale è l’assenza di continuità nella prestazione lavorativa. La frequenza delle prestazioni e la durata delle stesse, infatti, non sono predeterminate, a differenza di quanto accade con i contratti a tempo pieno o part-time, che prevedono orari e periodi di lavoro specifici.
Può essere sia a tempo determinato che a tempo indeterminato ed è disciplinato in maniera organica dal Decreto Legislativo n. 81 del 15 giugno 2015, attuativo del Jobs Act (Legge n. 183 del 10 dicembre 2014).
Scopriamo nel dettaglio cos’è e cosa prevede il lavoro intermittente o a chiamata.
indice dei contenuti:
principali caratteristiche del contratto a chiamata.
Il lavoro intermittente, introdotto nel nostro ordinamento giuridico con il Decreto Legislativo n. 276 del 10 settembre 2003 (Legge Biagi), è attualmente regolamentato dall’art. 13 del Decreto Legislativo n. 81 del 15 giugno 2015.
Questa forma contrattuale può essere di due tipologie:
- con obbligo di disponibilità. Il lavoratore è obbligato a restare a disposizione del datore di lavoro per svolgere la prestazione lavorativa quando richiesto;
- senza obbligo di disponibilità. Il lavoratore non è vincolato alla chiamata del datore di lavoro ed è libero di scegliere se rispondere o meno alla richiesta di prestazione.
È possibile ricorrere ai contratti di lavoro a chiamata solo se previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) applicato dal datore di lavoro. In mancanza di contrattazione collettiva, è possibile stipulare questo tipo di contratto solo nei casi individuati dal Decreto Ministeriale del 23 ottobre 2004, che rinvia alla tabella allegata al Regio Decreto n. 2657 del 1923.
Il contratto di lavoro a chiamata deve essere redatto in forma scritta unicamente ai fini di prova, cioè per comprovare la sua esistenza e le condizioni concordate in caso di controversie o verifiche. Tuttavia, stipulare un contratto in forma scritta è sempre consigliabile perché serve per chiarire come e quando il datore di lavoro può richiedere la prestazione del lavoratore, garantendo che entrambe le parti siano a conoscenza delle loro responsabilità.
L’art. 15 del Decreto Legislativo n. 81 del 15 giugno 2015 chiarisce quali sono gli elementi che non possono mancare all’interno del contratto di lavoro intermittente:
- condizioni, individuate dal CCNL di riferimento o dal Decreto Ministeriale del 23 ottobre 2004, che consentono la stipulazione del contratto;
- durata della prestazione lavorativa (a tempo determinato o indeterminato);
- trattamento economico e indennità di disponibilità, qualora prevista;
- tempi e modalità di pagamento;
- luogo di lavoro;
- forme e modalità di richiesta della prestazione lavorativa da parte del datore di lavoro;
- modalità di rilevazione della prestazione lavorativa e dei tempi di risposta da parte del datore di lavoro;
- modalità di disponibilità, se garantita dal lavoratore;
- preavviso di chiamata, che non può essere inferiore a un giorno lavorativo, salvo diverse indicazioni previste dal CCNL di riferimento;
- misure di sicurezza in base al tipo di attività che il lavoratore è chiamato a svolgere.
Alla retribuzione per il lavoro a chiamata si applicano i minimi salariali stabiliti dal CCNL in uso dal datore di lavoro.
Il Decreto Legislativo n. 81 del 15 giugno 2015 stabilisce che il lavoratore assunto con un contratto intermittente, per i periodi in cui presta la propria attività lavorativa, ha diritto allo stesso trattamento economico che, a parità di livello e mansioni, viene riservato ad altri lavoratori.
Nei periodi in cui il datore di lavoro non richiede la prestazione lavorativa, invece, il lavoratore non ha diritto ad alcuna retribuzione.
Inoltre, se la forma contrattuale stipulata è con obbligo di disponibilità, il datore di lavoro deve riconoscere al lavoratore un’indennità di disponibilità mensile per i periodi in cui questo resta in attesa di chiamata a lavoro. L’importo minimo dell’indennità è stabilito CCNL di riferimento, ma non può comunque essere inferiore al 20% della retribuzione prevista dal CCNL in uso dal datore di lavoro.
Se, invece, la forma contrattuale è senza obbligo di disponibilità, l’indennità non è dovuta. In questo caso, il lavoratore viene pagato solo per le ore effettivamente lavorate.
La legge stabilisce che ai lavoratori a chiamata si applica la maggiorazione per il lavoro straordinario e che, in caso di chiamata la domenica o nei giorni festivi, il lavoratore ha diritto anche alla maggiorazione per lavoro festivo.
In sostanza, i lavoratori intermittenti, per i periodi in cui prestano la propria attività lavorativa, godono degli stessi diritti dei lavoratori subordinati (retribuzione, permessi retribuiti, ferie, tredicesima e quattordicesima mensilità, trattamento di fine rapporto (TFR), …).
Per la validità del contratto di lavoro a chiamata, il datore di lavoro deve effettuare una comunicazione obbligatoria pre-assuntiva e un’ulteriore comunicazione amministrativa prima di ogni chiamata del lavoratore.
i soggetti interessati.
Indipendentemente dalla disciplina della contrattazione collettiva e dal Decreto Ministeriale del 23 ottobre 2004, il contratto di lavoro a chiamata è sempre consentito per le prestazioni lavorative rese da soggetti che possiedono specifici requisiti anagrafici, vale a dire:
- soggetti con meno di 25 anni di età, al momento della stipulazione del contratto e durante la prestazione lavorativa;
- soggetti con più di 55 anni di età.
Il datore di lavoro, oltre a verificare che i lavoratori soddisfino questi requisiti anagrafici, deve anche controllare se il contratto collettivo applicato include specifiche disposizioni sulle mansioni e i profili compatibili con il lavoro a chiamata.
Come stabilito dal Decreto Legislativo n. 81 del 15 giugno 2015, qualsiasi impresa può stipulare un contratto di lavoro intermittente, a condizione che abbia effettuato la valutazione dei rischi prevista dalla legge.
i limiti: quando non è possibile utilizzare il lavoro intermittente.
Il ricorso al lavoro a chiamata, come già detto, è legittimo quando la prestazione lavorativa da parte del lavoratore in favore di un datore di lavoro non è continuativa ma ha una cadenza intermittente.
L’art. 7 del Decreto Legge n. 76 del 28 giugno 2013 ha introdotto un limite temporale al ricorso al lavoro intermittente, stabilendo che questa forma contrattuale è ammessa per un periodo complessivo non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari. Questo limite non si applica ai contratti di lavoro nei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.
La stessa legge precisa che, in caso di superamento del suddetto limite, il rapporto di lavoro a cui il contratto si riferisce si trasforma automaticamente in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
Inoltre, il Ministero del Lavoro, con la Circolare n. 35/2013, chiarisce che il conteggio delle giornate lavorative, ai fini del raggiungimento dei 3 anni solari, deve partire dal giorno in cui il datore di lavoro richiede la prestazione al lavoratore.
L’art. 14 del d.lgs. n. 81 del 2015 stabilisce il lavoro a chiamata è illegittimo nei seguenti casi:
- per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
- presso unità produttive dove, nei sei mesi precedenti, sono stati effettuati licenziamenti collettivi che hanno coinvolto lavoratori a cui erano assegnate le stesse mansioni a cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
- presso unità produttive dove, nei sei mesi precedenti, sono state effettuate sospensioni del lavoro o riduzioni dell’orario che hanno coinvolto lavoratori adibiti alle stesse mansioni a cui si riferisce il contratto di lavoro a chiamata;
- per i datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi come previsto dal suddetto decreto legislativo e che non sono in regola con la normativa in materia di sicurezza sul lavoro.
Se il contratto di lavoro intermittente viene stipulato in violazione di questi divieti, il rapporto di lavoro si trasforma automaticamente in un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, per effetto dell’art. 1419 del codice civile.
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