7 su 10 rispondono a mail e telefonate nel tempo libero.
L’indagine del Randstad Workmonitor sul “work-life blend”: il 53% dei lavoratori si occupa di attività lavorative anche in ferie, il 38% si sente obbligato a farlo, soprattutto fra i Millennial. Il lavoro invade il tempo libero, ma pochi italiani gestiscono questioni private nella giornata di lavoro.
In Italia si stanno sempre più modificando i tradizionali confini tra vita professionale e privata. Dal work-life balance, la ricerca di equilibrio fra l’orario di lavoro e quello del tempo libero, si passa progressivamente a una loro sovrapposizione, il work-life blend. Oggi il 71% dei lavoratori italiani risponde a telefonate, email e messaggi di lavoro anche fuori dell’orario di lavoro, al terzo posto in Europa, +6% rispetto alla media globale. E il 53% confessa di restare “connesso” per gestire attività di lavoro anche durante il periodo di ferie. Una pressione che viene dal datore di lavoro che, secondo il 59% dei dipendenti, si aspetta gestiscano questioni di lavoro anche fuori dall’orario d’ufficio e, secondo il 52%, rispondano durante le ferie e il tempo libero. Se la dilatazione dei tempi di lavoro a danno della vita privata è già una realtà, però, solo il 54% degli italiani gestisce abitualmente questioni personali durante l’orario lavorativo, ben 13 punti sotto la media mondiale e all’ultimo posto a livello globale.
È quanto emerge dall’ultima edizione del Randstad Workmonitor, l’indagine sul mondo del lavoro di Randstad, primo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane, condotta in 34 Paesi del mondo su un campione di 400 lavoratori di età compresa fra 18 e 67 anni per ogni nazione, che lavorano almeno 24 ore alla settimana e percepiscono un compenso economico per questa attività.
“In seguito alla diffusione dello Smart Working e del crescente peso sul mercato del lavoro di Millennial già abitualmente “connessi”, stiamo assistendo ad un progressivo passaggio al work-life blend, un modello di organizzazione del lavoro in cui vita professionale e privata si fondono e sovrappongono – afferma Valentina Sangiorgi, Chief HR Officer di Randstad Italia –. Se l’abitudine di estendere attività d’ufficio oltre ai tradizionali confini è ormai diffusa, non è ancora altrettanto comune gestire questioni private durante l’orario di lavoro. La trasformazione in corso porta con sé opportunità, ma anche il rischio che i lavoratori si sentano stressati e sotto eccessiva pressione. Le imprese devono impegnarsi a promuovere la stessa flessibilità da entrambi i lati, riuscendo a rispettare i tempi di ‘disconnessione’ e valutando i dipendenti in base ai risultati, per migliorare la produttività, anche grazie a motivazione e coinvolgimento”.
I risultati della ricerca in dettaglio
Lavoratori sempre connessi - Gli italiani sono fra i più disponibili al mondo a rispondere a telefonate, email e messaggi di lavoro dopo l’orario d’ufficio. Il 71% lo fa quando possibile (in Europa soltanto Portogallo, 72%, e Romania, 74%, sono più solleciti) e ben il 68% lo fa immediatamente, al primo posto in Europa dopo Grecia (71%) e Romania (69%). La tendenza non cambia se si suddividono i lavoratori per genere, mentre la forbice si allarga fra lavoratori sotto i 45 anni, tra cui il 70% risponde subito, e senior, solo il 66%.
Al lavoro in vacanza - Il 71% degli italiani si sente libero di staccare la spina durante le ferie, un punto in meno della media globale, con differenze minime fra dipendenti under 45 (72%) e over 45 (70%), ma più marcate fra i generi (76% uomini contro il 66% delle donne). Oltre un lavoratore su due, però, sceglie di gestire questioni di lavoro mentre è in vacanza perché vuole sentirsi coinvolto e restare aggiornato (53%, ben 10 punti sopra la media globale), soprattutto maschi (56%, contro il 51% delle colleghe) con meno di 45 anni (58%, contro il 47% dei dipendenti senior). Quasi quattro su dieci, invece, si sentono obbligati a rispondere a richieste di lavoro quando sono in ferie (38%, +3% rispetto alla media globale), dietro soltanto ai greci (44%) fra i lavoratori europei, con una lieve distanza fra generi (36% donne e 40% uomini) e fasce anagrafiche (35% i senior e 40% gli under 45).
La pressione dei datori di lavoro - La decisione di restare disponibili al lavoro anche nel tempo libero non è sempre volontaria, ma spesso dettata dalla pressione del datore di lavoro. Oltre metà dei lavoratori italiani riferisce che le aziende si aspettano che i dipendenti siano disposti a lavorare oltre l’orario d’ufficio (59%, contro il 56% della media globale) e che siano disponibili a rispondere a messaggi di lavoro nel tempo libero (52%, contro il 45% della media degli altri paesi). Nel primo caso, fra i paesi europei, soltanto Spagna (60%), Romania (65%) e Portogallo (75%) si sentono più sotto pressione, mentre nel secondo solo Portogallo (56%) e Romania (57%). Le aspettative aziendali sono più elevate sui lavoratori uomini (rispettivamente 63% e 58%, contro il 55% e il 47% delle colleghe) e sui lavoratori al di sotto dei 45 anni (il 65% è disponibile oltre l’orario e il 59% risponde nel tempo libero, contro il 52% e il 43% dei dipendenti senior).
Il work-life blend incompiuto - Fra i lavoratori italiani cresce la propensione a gestire questioni private durante la giornata lavorativa, ma l’equilibrio con il tempo libero dedicato al lavoro è ancora lontano dall’essere raggiunto. Il 54% dei dipendenti si occupa di attività non lavorative durante l’orario d’ufficio, una percentuale in crescita del 21% rispetto al 2012, ma ancora distante ben 13 punti dalla media globale (pari al 67%) e che colloca l’Italia all’ultimo posto fra i 34 paesi analizzati. Sono soprattutto le donne a portare avanti questa tendenza (56%) e gli under 45 (62%), mentre sono più restii a farlo gli uomini (52%) e i lavoratori senior (44%).