solo il 44% crede nel miglioramento del paese, terzultimi nel mondo.
I dipendenti convinti del miglioramento della situazione economica del Paese sono scesi del 4% dal 2018, meno 13 punti dalla media globale. Soltanto Spagna e Giappone sono meno ottimisti In calo anche la fiducia nelle imprese: il 67% crede che il proprio datore di lavoro avrà risultati migliori rispetto al 2019 (era il 75% due anni fa).
Cresce invece l’ottimismo per i risultati individuali: il 50% degli italiani crede che riceverà un bonus nel 2020 (+5%), il 41% un aumento di stipendio (+2%).
Le previsioni economiche e finanziarie per il 2020 del Randstad Workmonitor
I lavoratori italiani accolgono il 2020 con scarsa fiducia nel miglioramento della situazione economica e finanziaria del Paese. Poco più di quattro dipendenti su dieci credono in una crescita economica nei prossimi dodici mesi (44%), in calo del 4% rispetto al 2018 e ben 13 punti sotto alla media globale, pari al 57%. L’Italia si colloca al terzultimo posto su 34 paesi per livello di fiducia nelle condizioni economiche nazionali, insieme al Belgio e davanti soltanto a Spagna (41%) e Giappone (26%). Resiste la fiducia nei risultati delle imprese, con il 67% dei lavoratori ottimista sulle performance del proprio datore di lavoro, ma risulta comunque in calo rispetto al 75% di due anni fa e distante tre punti dalla media mondiale (70%). Cresce invece l’ottimismo sulle condizioni economiche individuali, con il 50% dei dipendenti che si aspetta di ricevere un bonus nel corso dell’anno (+5% sul 2018) e il 41% che spera in un aumento di stipendio (+2%).
Sono le previsioni economiche e finanziarie dell’ultima edizione del Randstad Workmonitor, l’indagine trimestrale sul mondo del lavoro di Randstad, primo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane, condotta in 34 Paesi del mondo su un campione di 405 lavoratori di età compresa fra 18 e 67 anni per ogni nazione, che lavorano almeno 24 ore alla settimana e percepiscono un compenso economico per questa attività.
“Gli auspici per il 2020 sono meno positivi rispetto a due anni fa ma non tutti i risultati dell’indagine sono negativi – commenta Marco Ceresa, Amministratore Delegato di Randstad Italia –. La fiducia nelle imprese resta elevata, mentre cresce nei lavoratori l’aspettativa di un miglioramento delle proprie condizioni personali. È il segnale che ci sono gli elementi per ripartire e invertire la tendenza e soprattutto le aziende dovranno essere capaci di non disperdere la credibilità guadagnata negli anni precedenti, investendo con decisione in strategie mirate di employer branding che puntino a soddisfare le aspettative dei propri dipendenti in termini di opportunità di carriera, formazione e work-life balance per attrarre i migliori talenti sul mercato e ridare fiducia ai lavoratori”.
I risultati della ricerca
Gli italiani sono fra i lavoratori meno ottimisti, collocandosi al 32° posto su 34 Paesi analizzati, a 13 punti di distanza dalla media globale e a 10 dalla media europea. I più prudenti sul futuro sono le donne e i lavoratori più esperti (entrambi al 37%), mentre meno pessimisti appaiono sia i dipendenti di genere maschile (52%) sia i più giovani (50%). Un atteggiamento molto diffuso, con solo 10 paesi su 34 che esprimono una valutazione stabile o favorevole, e particolarmente evidente nel continente europeo, che ospita sei dei dieci paesi che registrano un calo di fiducia in doppia cifra (Portogallo, Olanda, Spagna, Austria, Belgio e Svezia).
Cala anche la fiducia nei risultati delle imprese, che resta però più elevata di quella nella crescita economica del paese: il 67% dei dipendenti italiani prevede che il proprio datore di lavoro raggiungerà una posizione finanziaria migliore nel 2020, con un ottimismo più marcato fra uomini (69%) e giovani (72%) e un atteggiamento più cauto fra le donne (65%) e i lavoratori senior (61%). Anche in questo caso l’andamento italiano riflette la situazione internazionale, con solo 11 Paesi su 34 che si mostrano egualmente o più ottimisti di due anni fa.
Le speranze dei lavoratori si concentrano sul miglioramento delle condizioni individuali: nella media dei paesi analizzati il 61% dei dipendenti prevede di ricevere un aumento di stipendio (+4%), il 56% si aspetta un premio a fine anno (+5%). Anche in Italia la fiducia nel miglioramento personale è l’unico indicatore a registrare una crescita, con il 41% dei lavoratori che spera di ottenere un aumento di stipendio nel 2020 (+2%) e il 50% che si attende invece un bonus (+5%). Anche in questo caso i più ottimisti sono gli uomini (il 54% spera in un bonus, il 45% in un aumento di stipendio) e i lavoratori fino a 45 anni di età (56% e 53%), mentre sono più caute le donne (46% e 38%) e i lavoratori over 45 (42% e 26%). Resta però molto ampio il divario con i colleghi stranieri: -20% di speranza di ricevere un aumento di stipendio, -6% se si considera l’attesa di un bonus.
Indici trimestrali
Mobilità - L'indice di mobilità a livello globale è rimasto stabile a 114 punti. A livello italiano, invece, si registra un calo di quattro punti rispetto al trimestre precedente, da 109 a 105 punti.
Cambio di lavoro – Il 77% dei lavoratori italiani non ha cambiato né mansione né datore di lavoro negli ultimi sei mesi, l’11% dei dipendenti ha cambiato soltanto azienda, il 7% ha cambiato ruolo all’interno della stessa società, il 4% ha cambiato sia l’impresa che la posizione ricoperta. Le principali motivazioni che inducono gli italiani a cambiare impiego sono l’ambizione di crescita professionale o manageriale (27%), le migliori condizioni di lavoro (24%) e il desiderio di crescere nella propria specializzazione (21%).
Ricerca di lavoro – Soltanto il 3% degli italiani sta attivamente cercando un altro lavoro, il 7% sta selezionando nuove opportunità, il 21% si sta guardando attorno, il 30% non si sta impegnando attivamente nella ricerca ma se capitasse un’occasione la valuterebbe, mentre il 38% dichiara di non cercare lavoro.
Soddisfazione del lavoro – Quasi sette italiani su dieci si dichiarano soddisfatti del loro lavoro (69%), il 22% non esprime un giudizio né positivo né negativo, mentre solo il 9% è insoddisfatto. L’83% dei lavoratori aspira a una promozione, in aumento di tre punti rispetto al trimestre precedente, mentre cala lievemente l’ambizione di iniziare qualcosa di diverso (57%, -2%).
Timore di perdere il lavoro – Nell’ultimo trimestre, è diminuita di due punti la percentuale di italiani che hanno timore di perdere il posto di lavoro (9%), con punte dell’11% fra gli uomini (contro il 7% degli uomini), e la sensazione generale d’insicurezza (coloro che non hanno molta paura di perdere il posto ma neanche poca, scesa dal 28% al 26%). Stabile il numero di dipendenti che ritiene di poter trovare un’occupazione analoga nel giro di sei mesi (58%), speranza più frequente fra i lavoratori di genere maschile (60%, -3%) e i giovani sotto i 25 anni (85% contro il 34% degli over 55), anche se sono le donne il segmento più fiducioso nel confronto con il trimestre precedente (55%, +8%). Cala, invece, la fiducia nella possibilità di trovare un lavoro diverso nello stesso periodo (51%, -3%), con un lieve divario fra uomini (54%, -5%) e donne (48%, +3%), che si allarga decisamente nel confronto fra generazioni (95% dei giovanissimi contro il 25% dei più anziani).