La maggior parte degli italiani si definisce “ambizioso”, ma il 42% non è concentrato sull’avanzamento di carriera. Un terzo non vorrebbe ruoli manageriali, appena il 4% sogna di diventare CEO.
I fattori più rilevanti sono equilibrio vita-lavoro, retribuzione, sicurezza, flessibilità, giorni di ferie, formazione, assicurazione sanitaria. La carriera solo al nono posto.
L’AI primo bisogno di apprendimento: il 34% degli italiani vorrebbe formazione sull’intelligenza artificiale.
I risultati del Randstad Workmonitor 2024 su ambizione e carriera tra gli italiani.
Milano, x gennaio 2023 - Cala la rilevanza percepita del lavoro nella vita degli italiani (-5% in un anno) e crolla (-9%) la motivazione nel ruolo attualmente ricoperto. I lavoratori oggi danno più importanza che in passato a fattori come l’equilibrio con la vita privata, l’appartenenza, la flessibilità (oltre ai fattori materiali come lo stipendio) e mettono da parte la ricerca di un salto in carriera. Lo rivela il WorkMonitor, l’indagine sulle trasformazioni del mercato del lavoro realizzata da Randstad in oltre 30 Paesi, che ha messo sotto la lente ambizioni e motivazioni nello sviluppo professionale.
Secondo la ricerca - che a fine 2023 ha intervistato 764 lavoratori in Italia tra i 18 e i 67 anni (circa 26.800 interviste svolte a livello globale) - oltre metà degli italiani si dichiara “ambizioso” nella propria carriera, ma ben il 42% in questo momento non è concentrato nell’avanzamento di ruolo. Più in generale, metà dei lavoratori (50%) sarebbe disposta a rimanere in un ruolo che gli piace anche se non ci fosse spazio per crescere e ben un terzo (34%) non desidera del tutto una progressione di carriera perché è già felice del ruolo attuale. Solo per il 35% una promozione o un nuovo ruolo rappresentano oggi una priorità. Ma, nella stessa misura, c’è un 34% di italiani che, potendo scegliere la massima ambizione professionale, non assumerebbe in ogni caso dei ruoli manageriali.
“Il Workmonitor evidenzia una forte calo della motivazione al lavoro tra gli italiani, un evidente segnale di malessere che va ascoltato e compreso - commenta Marco Ceresa, Group CEO di Randstad -. Il lavoro si conferma fondamentale nel fornire senso e scopo alle persone, ma oltre alla carriera, sempre più lavoratori includono anche altro nella definizione della propria ‘ambizione’ professionale, che oggi non può prescindere da aspetti valoriali, di flessibilità, di equilibrio con la vita personale. Non sono pochi gli intervistati che affermano di poter essere appagati da un lavoro senza prospettive di carriera ma nelle loro corde, certamente un’eredità della riflessione profonda delle persone nel periodo di pandemia. Esigenze che le aziende devono impegnarsi a soddisfare con politiche HR a tutto tondo, tenendo conto dei bisogni dei lavoratori sempre più complessi e articolati”.
randstad workmonitor.
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scarica la ricercai dati della ricerca.
motivazione vs ambizione.
Secondo il Randstad Workmonitor, oggi per il 72% degli italiani il proprio lavoro è importante nella vita, in calo di 5 punti rispetto a un anno fa. Ma crolla soprattutto la motivazione: si dice “motivato” nel ruolo attualmente ricoperto il 60% degli italiani, 9 punti in meno di un anno fa. Il 51%, invece, si dichiara “ambizioso” per la propria carriera. È interessante notare che, mentre l’ambizione decresce con l’avanzare dell’età, la motivazione aumenta man mano che sale la seniority. Secondo gli intervistati, a influenzare l’ambizione sono soprattutto l’età, gli eventi della vita, gli obiettivi personali e le opportunità che si presentano.
cosa conta sul lavoro.
I fattori più rilevanti nel lavoro per gli italiani sono principalmente l’equilibrio tra lavoro e vita privata (94%), la retribuzione (93%) e la sicurezza del lavoro (90%). Poi il “sentirsi realizzati” (87%), la flessibilità di orario (80%), il numero di giorni di ferie (79%), la formazione (79%), l’assicurazione sanitaria (75%). L’opportunità di un avanzamento di carriera (come una promozione o il passaggio a un nuovo ruolo) è solo al nono posto, evidenziata dal 74% del totale, superando di poco la politica sui congedi parentali (70%), i valori del datore di lavoro (69%), la possibilità di lavorare da remoto (67%).
il rapporto con il datore di lavoro.
Per la grande maggioranza dei lavoratori la responsabilità di un avanzamento di carriera ricade sul datore di lavoro: lo pensa il 67%, 30 punti in più della media globale, mentre solo per il 10% sul lavoratore, in una disparità che è un’eccezione quasi solo italiana (più di noi solo i cinesi). Eppure, il datore di lavoro chiede espressamente ai dipendenti motivazioni personali e ambizioni professionali in meno della metà dei casi (46%). E appena il 34% dei lavoratori sente di poter parlare liberamente con lui delle aspettative di carriera. In generale, di avanzamento di carriera in Italia si parla poco con il capo (anche in confronto alla media globale): nel 60% dei casi il datore di lavoro non ne parla mai, nel 21% solo una volta l’anno, il 9% due volte l’anno, solo il 6% una volta a trimestre e il 3% una al mese.
le aspirazioni.
Ma cosa vogliono davvero gli italiani per la propria carriera? Il ruolo ideale tra 5 anni nella maggioranza dei casi è un impiego a tempo pieno (62%) o a tempo parziale (18%), in piccola misura da freelance (7%); solo l’11% si vede imprenditore. Se si chiede invece la massima ambizione, ben un terzo dichiara di non volere ricoprire ruoli manageriali (32%), mentre il 24% vorrebbe gestire un piccolo numero di persone, il 18% un team di più di 5 persone, il 10% più di un team e il 7% una divisione. Appena il 5% sogna di essere il capo della sua azienda, il 4% di essere CEO.
cambiare lavoro per la carriera.
Quasi metà (49%) degli italiani in passato ha richiesto al proprio capo un miglioramento di condizioni o retribuzione, ma solo il 13% ha minacciato di licenziarsi nella negoziazione. Ad ogni modo, la mancanza di opportunità di carriera si colloca solo come quinta motivazione per cui si lascia il posto (per il 24% degli italiani), dopo un ambiente di lavoro non piacevole (29%), un lavoro che non si adatta alla propria vita personale (28%) e un basso stipendio (25%). Ugualmente, tra i motivi principali per non accettare un nuovo lavoro, il blocco alla carriera è al quinto posto, superato da mancata sicurezza del lavoro, influenza negativa sull’equilibrio con la vita personale, stipendio inadeguato e assenza dei benefit.
AI e formazione.
Il 79% degli italiani considera la formazione importante per il proprio lavoro attuale e solo il 7% non è interessato ad un’eventuale opportunità di apprendimento. Ma le reali opportunità di accesso sono inferiori: solo il 46% ha ricevuto un aiuto nello sviluppo di competenze realmente adeguate alla carriera. Tra i diversi bisogni di apprendimento, gli italiani mettono indiscutibilmente al primo posto la formazione sull’intelligenza artificiale: ben il 34% si sente impreparato su questo tema e vorrebbe un percorso dedicato. Dopo, ma distanza, è ricercata formazione su benessere e mindfulness (26%), alfabetizzazione informatica e tecnologica (23%), gestione dei progetti software (19%), programmazione, competenza di gestione e leadership (18%), scienza e analisi dei dati (17%), a dimostrazione di una predominanza di bisogni di competenze in campo ICT.
la ricerca di un nuovo lavoro.
Attualmente circa un lavoratore italiano su 5 (il 22%) sta ricercando un nuovo lavoro all'interno o all'esterno della sua organizzazione, il 43% considera di farlo nel caso sorga un'opportunità appropriata nei prossimi 6 mesi. Il 58% (3 punti inferiori alla media globale) si sente “impegnato” nei confronti del proprio datore di lavoro e pensa che continuerà a lavorare con lui.
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