Spesso, di fronte a situazioni inedite o a periodi particolarmente complessi, le aziende tendono istintivamente a rivolgersi all’esterno, alla ricerca di nuove risorse.
Tuttavia, in molti casi, le risorse di cui si ha bisogno sono già presenti all’interno dell'organizzazione, ma necessitano semplicemente di una nuova collocazione. Ecco che entra in gioco la talent mobility (o internal talent mobility).
Soluzione che, oltre ad essere decisamente meno dispendiosa rispetto all’acquisizione e all’inserimento di personale aggiuntivo, sia in termini economici che di tempo, ha anche una ricaduta positiva sul benessere e le possibilità di sviluppo professionale.
Non a caso, la talent mobility è una delle 10 principali tendenze del 2023 relative al personale emerse dal Report Talent Trends: il 56% degli intervistati, infatti, prevede di investire di più in piattaforme per la mobilità interna del personale. Scopriamo perché.
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engagement & employability - Randstad Risesmart
Il nostro servizio di engagement & employability favorisce l’efficace gestione delle carriere internamente all’organizzazione per preservare il livello di ingaggio, motivazione ed impiegabilità delle risorse, anche e soprattutto a fronte di eventi di cambiamento per i quali bisogna rispondere in tempi rapidi e con le giuste abilità.
Il nostro approccio integrato di coaching, counseling e sviluppo a supporto dell’engagement & employability sostiene la continuità e lo sviluppo professionale di ognuno attraverso un supporto inclusivo, coinvolgente e orientato al futuro.
scopri il servizioche cos'è l’internal mobility, la mobilità interna in azienda.
La mobilità interna è una pratica che consiste nell’affidare ai dipendenti ruoli diversi da quelli che ricoprono attualmente all’interno della stessa azienda, anziché ricorrere all’assunzione di nuovo personale.
Questo tipo di mobilità professionale coinvolge i dipendenti in progetti al di fuori del loro normale lavoro quotidiano, stimolandoli e fidelizzandoli. Ed è la risposta a diverse esigenze e situazioni che possono presentarsi in azienda:
- difficoltà ad intercettare nuovi talenti (talent acquisition)
- cambiamenti interni ed esterni
- necessità di migliorare il benessere dei lavoratori.
Offrire ai dipendenti la possibilità di seguire le proprie aspirazioni, anche attraverso un cambio di ruolo, ha una ricaduta positiva per il business nel complesso, specialmente in tempi in cui la flessibilità sul lavoro è divenuta un requisito indispensabile.
Nelle amministrazioni pubbliche la mobilità interna si pratica di frequente tramite lo strumento del bando di mobilità. Le aziende private devono invece sviluppare strategie mirate e puntare sull’aggiornamento delle competenze. Vediamo quindi come e perché utilizzare la mobilità interna per valorizzare i dipendenti già presenti in azienda in tempi di cambiamento.
change management e mobilità interna.
In seguito all’affermarsi dei fenomeni delle Great Resignation e del Quiet Quitting , le aziende stanno cercando urgentemente nuovi modi per trattenere e coinvolgere i dipendenti attuali offrendo opportunità di crescita e di mobilità interna.
Un aspetto molto rilevante se si considera che, accanto a questi fenomeni, le aziende si trovano ad operare in un mercato del lavoro colpito da un’elevata scarsità di talenti e da crescenti aspettative dei lavoratori nei confronti delle opportunità e dell'ambiente di lavoro offerto da ogni organizzazione.
Il change management, che possiamo tradurre con “gestione del cambiamento”, racchiude le attività e le strategie che si occupano proprio di questi aspetti: un approccio strutturato al cambiamento nelle persone, nei team di lavoro e nelle aziende che facilita il passaggio da un assetto ormai non più efficace all’assetto desiderato.
Il change management offre strumenti e metodi per capire il cambiamento e gestirne l’impatto sull’organizzazione, coinvolgendo i dipendenti a tutti i livelli. La mobilità interna è uno degli strumenti a disposizione del change manager: i ruoli cambiano con l’introduzione di nuove prassi lavorative e si adattano al contesto attuale per rispondere in modo adeguato alle sfide del futuro.
Una recente ricerca di McKinsey rivela che, nell’epoca della Great Resignation, le persone cambiano ruolo in media ogni due o quattro anni. Tuttavia, di questi spostamenti di ruolo, l'80% avviene tra organizzazioni diverse: i dipendenti lasciano la loro attuale azienda e si trasferiscono altrove. Questo perché, nel processo di cambiamento, le persone scoprono di poter ricoprire nuovi ruoli e apprendere nuove competenze, colmando - attraverso la formazione - lo skills gap.
È chiaro quindi che lo sviluppo di carriera è una motivazione importante, ma non abbastanza compresa dalle aziende, per i lavoratori: perché non trarre vantaggio dalle competenze esistenti di un lavoratore, sapendo che tali competenze potranno essere sviluppate nel tempo attraverso l’esperienza? Perché non cercare di accrescere le capacità dei talenti interni anziché lasciarli andare per cercare nuove opportunità altrove?
La propensione per il cambiamento non va ignorata né evitata, ma accolta e sviluppata.
digital transformation e mobilità interna.
Gli avvenimenti degli ultimi anni hanno avuto luogo in un periodo storico di grandi cambiamenti, accelerandoli in maniera inaspettata.
Tra questi, riveste un ruolo centrale la digital transformation. Il modo di lavorare è cambiato e alcune abitudini tradizionali non potranno più tornare. Anche in questo senso è importante porsi in ascolto delle esigenze dei dipendenti incoraggiandoli ad abbracciare nuovi metodi lavorativi e organizzativi, come lo smart working.
La digitalizzazione e l’intelligenza artificiale stanno inoltre rendendo obsoleti alcuni ruoli. Ciò non significa che i robot porteranno via posti di lavoro alle persone. Al contrario: l’elemento umano sarà sempre più determinante. A patto che i ruoli vengano adeguatamente riorganizzati.
Diverse persone che svolgono una mansione meccanica o comunque automatizzabile dovranno essere guidate dall’azienda nell’acquisizione di nuove competenze per occuparsi di compiti diversi. E, nella maggior parte dei casi, più stimolanti e creativi.
I dipendenti devono essere ingaggiati, resi consapevoli delle proprie competenze e abilità e accompagnati verso determinati percorsi professionali.
A questo proposito, il 69% degli HR manager intervistati per il Report Talent Trend ritiene che la crescente automazione stia influenzando la pianificazione del personale e spostando i talenti necessari all'interno delle rispettive organizzazioni verso ruoli altamente qualificati.
In Italia, una percentuale non molto inferiore (60%) concorda con questa visione, ma al contempo il 42% dei talent leader italiani afferma che la trasformazione digitale si sta muovendo troppo velocemente e non riesce a stare al passo con i cambiamenti. Occorre dunque dedicare più risorse a questo aspetto, non più negoziabile.
È anche possibile che in alcuni casi la tradizionale suddivisione in ruoli venga sostituita da una più fluida distribuzione orizzontale delle competenze. In questo modo il lavoro diventa molto più mutevole e variegato.
Il concetto stesso di carriera potrebbe cambiare. Per questo, oggi, è più che mai indispensabile incentivare flessibilità, agilità e apertura mentale, a partire proprio dalla mobilità interna.
il ruolo dell’azienda nei processi di change management.
Come abbiamo precedentemente accennato, gli ultimi anni hanno cambiato le priorità personali dei talenti che ora cercano un nuovo lavoro, un nuovo ruolo o una nuova azienda, maggiormente in linea con la loro nuova visione della vita.
Siamo in quella che Tsedal Neeley, docente alla Harvard Business School, definisce l’era dei dipendenti. Oggi, il focus delle aziende non può più essere ristretto sugli obiettivi di business e di profitto, né limitarsi a tenere in considerazione le esigenze dei clienti: i lavoratori diventano, a pieno titolo, soggetti che meritano la stessa attenzione.
Il change management, dunque, deve essere adattato ad un mercato in cui il potere di scelta è trasferito ai lavoratori.
In questo contesto, solo le aziende che incoraggiano lo sviluppo e la mobilità interna possono mantenere alti ingaggio e motivazione all’interno della propria organizzazione, nonché favorire l’agilità della forza lavoro.
favorire crescita, employee engagement e retention grazie a formazione, coaching e talent mobility.
Per costruire una strategia di change management di successo, non è sufficiente garantire la possibilità di muoversi in modo fluido all’interno dell’organizzazione. Per poter adattarsi e rispondere rapidamente alla costante trasformazione del mondo del lavoro, le aziende devono anche considerare la necessità di formare nuove competenze o aggiornare quelle esistenti.
Secondo il sondaggio Randstad Workmonitor, infatti, il 40% dei lavoratori a livello globale fatica ad acquisire le competenze richieste in questa nuova era digitale.
Non è dunque una sorpresa che, sempre secondo questa ricerca, l’88% dei dipendenti sarebbe disposto ad intraprendere programmi di apprendimento e sviluppo e che l’84% sarebbe interessato all’opportunità di un confronto con coach per fare chiarezza circa le proprie esigenze e individuare i propri obiettivi.
Nello specifico, i dipendenti desidererebbero partecipare a programmi di coaching e formazione per poter accedere a nuovi ruoli (53%) o per aggiornare hard e soft skills (48%). Tra la popolazione più giovane, invece, il 56% vorrebbe affinare le proprie capacità di comunicazione e leadership.
Osservando i dati del Report Talent Trend, notiamo che il 57% degli HR leader a livello globale (54% in Italia) dichiara di investire in tecnologie di coaching professionale. Per quanto riguarda, invece, gli investimenti in piattaforme di formazione e sviluppo la forbice tra Italia e mondo è molto più ampia: 63% a livello globale contro il 14% del nostro Paese.
Al contempo, il 76% degli intervistati a livello globale dà maggiore importanza alle competenze e al coinvolgimento professionale, poiché il reskilling e l'upskilling diventano elementi sempre più cruciali della strategia complessiva per le risorse umane. La percentuale è simile per l’Italia, ma solo il 21% degli intervistati italiani prevede che quest'anno la mobilità interna e il ricollocamento del personale avranno un ruolo più importante nelle strategie per le risorse umane.
creare una cultura inclusiva grazie agli strumenti di mobilità interna.
Quando si parla di programmi di formazione e di sviluppo professionale, si tende a pensare automaticamente all’avanzamento di carriera verticale o a promozioni. In realtà, una strategia efficace di fidelizzazione e employee retention poggia su una cultura della mobilità inclusiva e su un approccio olistico alla carriera (non dunque esclusivamente riservato ai cosiddetti “top talent”).
Passare ad un nuovo ruolo con una transizione orizzontale, che non necessariamente comporti un nuovo titolo e una promozione, può essere quello che alcuni dipendenti cercano. Questo approccio, infatti, consente di diversificare e fortificare le proprie competenze, assumere nuove responsabilità e fronteggiare nuove sfide. In altre parole consente al dipendente di progredire nel suo percorso professionale.
Qualsiasi transizione che contribuisca a sviluppare competenze richieste e trasferibili sarà inoltre positiva anche per l’azienda stessa. Se le esigenze dell’azienda dovessero improvvisamente cambiare, come è accaduto negli ultimi anni, i dipendenti potrebbero essere spostati agilmente su aree in cui la domanda è maggiore.
Anche il coinvolgimento in progetti di lavoro speciali, che non richiedono necessariamente di passare ad un ruolo completamente nuovo, può essere uno strumento efficace per rispondere ai bisogni dei propri dipendenti, in quanto offre un’opportunità di visibilità interna e di crescita.
In questo modo l’azienda sviluppa internamente la capacità di assumere nuove responsabilità che non rientrano in una descrizione di posizione lavorativa specifica ed un nuovo modello aziendale in cui il focus è sulle competenze e non sui ruoli. Un approccio più fluido che abbandona l’aspettativa che i dipendenti debbano corrispondere esattamente alla descrizione di un ruolo specifico o possedere specifici titoli professionali per poter accedere a determinate posizioni lavorative.
Affinché tutto questo sia possibile e trovi una risposta efficace nei lavoratori, tuttavia, è necessario supportare le persone con specifici strumenti di mobilità interna e più in generale strutturare un talent mobility strategy, al fine di prepararle e far loro acquisire la consapevolezza necessaria a muoversi in autonomia all’interno dell’organizzazione.
guidare i processi di mobilità interna.
Le aziende stanno investendo molto nei programmi di formazione, di sviluppo di carriera e nell’internal mobility. Tuttavia, non sempre la risposta dei dipendenti è incoraggiante.
Questo succede quando il processo di cambiamento non è guidato, quando i lavoratori non sono coinvolti, accompagnati e motivati a prenderne attivamente parte. Il change management deve essere spiegato in modo chiaro a tutti i dipendenti, di ogni settore e livello.
Dalla gestione dello stress alla definizione delle priorità sul lavoro, fino al miglioramento della comunicazione in un ambiente di lavoro ibrido, i datori di lavoro devono fornire ai dipendenti soluzioni di coaching su una varietà di argomenti rilevanti.
Queste, infatti, unite alle possibilità di upskilling e reskilling sono tematiche centrali per coloro che desiderano raggiungere il loro vero potenziale.
Solo potendo contare sul supporto di un coach preparato per discutere di argomenti legati al proprio sviluppo e percorso professionale, alle competenze, agli obiettivi, alle relazioni, al benessere nell’ambiente lavorativo e ai riconoscimenti, i dipendenti impareranno a conoscere loro stessi, le criticità, le debolezze e la direzione che vogliono dare alla loro vita professionale. Questo consentirà altresì alle aziende di ottenere importanti vantaggi in termini di benessere dei lavoratori e, di conseguenza, a livello di reputazione del brand e fidelizzazione.
conclusioni.
La Talent mobility (mobilità interna) è un processo in grado di traghettare le aziende, di ogni dimensione, verso le sfide di un mercato del lavoro sempre più competitivo.
Per non soccombere nell’epoca delle Grandi Dimissioni e del Quiet Quitting: la soluzione è abbracciare il cambiamento, senza temerlo, offrendo ai propri dipendenti opportunità e strumenti per crescere dentro l’azienda. Occorre quindi porsi in ascolto dei bisogni dei lavoratori e progettare insieme a loro strategie di crescita mirate e flessibili.
Il passaggio da un ruolo ad un altro va dunque letto una duplice ottica:
- dal punto di vista dell’azienda rappresenta una necessità, perché alcuni ruoli stanno diventando obsoleti e in ogni caso occorre evolversi, non si può pensare di mantenere la stessa identica struttura organizzativa per decenni
- dal punto di vista dei lavoratori la mobilità interna è una straordinaria occasione di crescita personale e professionale, un modo per fare carriera, acquisire nuove competenze, trovare nuovi stimoli e mettersi alla prova senza essere costretti a lasciare il lavoro per cercare questi nuovi stimoli altrove.