La possibilità di accedere a forme di lavoro flessibile è diventata una parametro piuttosto importante nella scelta di un’azienda da parte dei lavoratori. Un trend che è stato certamente favorito e accelerato dalla situazione vissuta negli ultimi anni, che ha favorito il diffondersi dello smart working, del lavoro da remoto e di forme contrattuali più flessibili, tipiche della gig economy.
Ciò ha ridefinito inevitabilmente i paradigmi tradizionali del lavoro, spingendo molti dipendenti a ripensare alle proprie priorità e a ricercare un maggior grado di libertà e autonomia.
Il lavoro flessibile, dunque, è qui per restare, ma nel nostro Paese non sempre viene favorito. È quanto emerge dal Randstad Workmonitor, l’indagine semestrale sul mondo del lavoro, condotta in oltre Paesi, su un campione di dipendenti di età compresa tra i 18 e i 67 anni.
In questo articolo cercheremo di capire che cos’è la flessibilità, quali sono le principali forme di lavoro flessibile e quanto è importante per i dipendenti italiani nella scelta di un’azienda.
indice dei contenuti:
flessibilità per ogni esigenza: i servizi per le aziende.
Randstad offre alle aziende servizi di somministrazione a tempo determinato o indeterminato. Ci occupiamo di selezionare e assumere lavoratori qualificati in staffing o staff leasing per le aziende di settori di mercato specifici.
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scopri le offerte di lavoroche cos’è il lavoro flessibile?
Con il termine flessibilità, in ambito professionale, si fa riferimento a rapporti di lavoro alternativi alle forme tradizionali che prevedono orari standard e sedi fisse. Ciò che cambia, dunque, sono il quando (flessibilità oraria) e il dove (flessibilità di luogo) si può lavorare. Una modalità di lavoro sempre più favorita e semplificata dalla costante innovazione digitale, che consente di beneficiare di forme di lavoro come lo smart working e l’e-working.
La flessibilità può rivelarsi un vantaggio non solo per i dipendenti, che possono conciliare meglio la propria vita lavorativa con quella personale, ma anche per le aziende e le organizzazioni che la consentono. Tale approccio, infatti, risponde a quelli che sono desideri e necessità dei lavoratori e, di conseguenza, favorisce una maggiore soddisfazione professionale , un maggior grado di engagement e un maggior livello di attrattività dell’azienda nei confronti dei migliori talenti sul mercato, il tutto con ricadute positive sull’employer brand, la produttività e la competitività dell’azienda.
quali sono le forme di lavoro flessibile? esempi di flessibilità lavorativa.
Come abbiamo anticipato, il lavoro flessibile è una forma alternativa alle tradizionali 40 ore settimanali da svolgere in ufficio o in azienda.
La flessibilità del lavoro, in tal senso, può essere ricondotta:
- a forme contrattuali che non prevedono un rapporto di tipo indeterminato tra azienda e lavoratore
- a tutte quelle modalità di prestazione lavorativa che consentono al lavoratore di svolgere la propria attività in autonomia ,dal punto di vista degli orari, della sede e della programmazione del proprio lavoro.
L’introduzione di forme di lavoro flessibile, a livello legislativo, è stata dettata in particolare da due esigenze: incrementare i livelli di occupazione, da una parte; regolarizzare i rapporti di lavoro già in corso, dall’altra.
contratto di lavoro flessibile.
Tra le principali forme di lavoro flessibile, sono inclusi:
- il contratto di somministrazione, a tempo determinato o indeterminato, che prevede un rapporto trilaterale tra agenzia per il lavoro (somministratore), utilizzatore (l'impresa presso la quale il lavoratore svolge la propria attività) e lavoratore con lo scopo di favorire le esigenza di flessibilità di azienda e dipendenti sia a breve che a lungo termine.
- il lavoro part-time che prevede la presenza del lavoratore solo per un certo numero di ore durante la giornata (part time orizzontale), un certo numero di giorni durante la settimana (part time verticale) o un'unione delle due modalità (part time misto)
- il lavoro a chiamata o intermittente, che consiste nella disponibilità data da un lavoratore a prestare servizio nel momento in cui una determinata organizzazione o azienda lo necessitano. Il datore di lavoro, dal canto suo, è tenuto a retribuire il lavoratore per tutto il tempo in cui ha effettivamente prestato servizio. Possono esistere forme di lavoro intermittente più o meno vincolanti per il lavoratore.il contratto di lavoro ripartito, nel momento in cui due lavoratori eseguono una sola obbligazione di lavoro nei confronti dello stesso datore di lavoro.
- il lavoro autonomo (o freelance) in cui il lavoratore svolge in autonomia le proprie mansioni, senza vincoli di subordinazione e dietro erogazione di un corrispettivo
- lo smart working, ovvero il rapporto di lavoro subordinato in cui il dipendente lavora per obiettivi, senza vincoli di orario o luogo
- il telelavoro o lavoro da remoto, un'altra forma di lavoro in cui il dipendente viene incentivato a lavorare per obiettivi e a scegliere liberamente la propria sede di lavoro, nonostante sia vincolato ai classici orari di ufficio
- Infine tutti quei rapporti di lavoro occasionali, riservati in particolare alle categorie sociali a rischio esclusione
il lavoro flessibile in Italia.
Nonostante il tema della flessibilità stia diventando sempre più centrale nelle considerazioni dei lavoratori italiani, secondo i risultati dell’indagine Randstad Workmonitor, sarebbero altrettante le aziende che non lo hanno ancora recepito.
I due aspetti principali della flessibilità, ossia il quando e il dove si lavora, infatti, non soddisfano ancora le aspettative dei lavoratori:
- il 45% delle organizzazioni offre flessibilità oraria, 8 punti sotto la media globale
- il 44% offre flessibilità di luogo, 6 punti in meno della media globale.
Per i lavoratori italiani, poi, il quando è più importante del dove. In termini percentuali, ha espresso preferenze per orari di lavoro flessibili l’83% degli intervistati contro il 72% che, invece, propende per una maggiore flessibilità sul dove lavorare.
Un aspetto che incide anche sulla volontà di scegliere una nuova realtà, rimanere con il datore di lavoro o lasciare l'azienda: la mancanza di flessibilità, infatti, è un buon motivo per rifiutare una nuova offerta di lavoro, nel 35% dei casi per l’orario, nel 33% per luogo. E per il 23% degli intervistati è stata la ragione per lasciare il posto di lavoro precedente.
quanto è importante per i lavoratori italiani la flessibilità lavorativa.
La richiesta di maggiore flessibilità da parte dei lavoratori italiani è coerente con la già nota ricerca di un miglior equilibrio tra sfera professionale e vita privata. Una ricerca che, tuttavia, secondo quanto emerso dal /azienda/ricerche-e-insight-hr/randstad-workmonitor/ presenta ancora delle criticità.
Emergono, comunque, differenze all’interno del campione analizzato, soprattutto quando si confrontano generazioni differenti di lavoratori.
La misura dell’importanza della flessibilità sul lavoro, soprattutto tra le generazioni più giovani, è chiara se si considera che più del 50% dei dipendenti della fascia tra i 18 e i 34 anni, lascerebbe la propria azienda nel caso in cui non garantisse una flessibilità sufficiente. La percentuale, invece, scende al 40% se si tiene conto solo dei lavoratori di età compresa tra i 55 e i 67 anni, la fascia corrispondente alla generazione dei cosiddetti baby boomers.
Accanto all'abbandono del posto di lavoro va inoltre considerato il fenomeno del "quiet quitting", sintomo di mancanza di coinvolgimento e insoddisfazione delle persone nei confronti del proprio lavoro. Anche in questo caso, secondo la ricerca, sono i lavoratori appartenenti alle fasce generazionali più giovani (18-34 anni) ad avere intrapreso maggiormente questa strada con percentuali superiori al 30%, contro il 24% della fascia 55-67.
In conclusione, il work life balance è un’istanza prioritaria per i lavoratori e la flessibilità è uno dei modi possibili per migliorarlo. Su questo aspetto, in particolare, le aziende dovranno concentrarsi per attrarre, acquisire e fidelizzare i migliori talenti che il mercato ha da offrire.
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